Angelo Caputo (Foggia, 4 agosto 1927 – Foggia, 9 novembre 2001) è stato un pittore italiano.
Di professione ferroviere, sposò il 10 aprile 1958 Elda De Tomo dalla quale ebbe un figlio, Luigi.
Autodidatta, iniziò a dipingere a Bolzano, durante la guerra, dove era sfollato in cerca della sorella; come ebbe spesso a dire: "mi ero innamorato di una confezione di colori ad olio vista in un negozio di belle arti in centro".
Seguì lezioni private, con la professoressa Aprea di Napoli, mentre nel dopoguerra si trasferì a Roma in cerca di fortuna.
Negli anni cinquanta tornò a Foggia aggregandosi a quel ristretto ed eterogeneo numero di giovani artisti, non solo foggiani, definiti "sul marciapiede" e che, non avendo una loro sede, si riunivano, discutevano ed organizzavano mostre davanti al negozio-galleria Valleri.[1]
La sua evoluzione artistica è suddivisa in due grandi periodi, riconosciuti dalla critica come neofigurativo ed astratto-informale.
Al periodo neofigurativo, che copre gli anni 1943-1993, oltre all'uso dell'olio inizialmente su compensato, poi su cartoni telati e tele, appartiene anche la produzione di piccole sculture, disegni a pastello su carta e poesie. Produsse opere pittoriche anche di piccolo formato e dipingeva utilizzando prevalentemente pennelli piatti ma anche la spatola. Inizialmente il tema prevalente era il paesaggio dal quale passò poi alla figura[2].
Ebbe spesso a dire: "un'opera deve dirti qualcosa prima che tu capisca cosa sia. V'è cioè la ricerca psicologica". Infatti "... la gente di Caputo, per lo più donne, limpide di apporto interiore, ha un colloquiare in ritmi sommessi, intimi di segreti pudori che esse, più che dire, fanno intuire dall'assorto apparire del loro "essere dentro"..."[3].
Le sue figure sono caratterizzate da una malinconica tristezza, tuttavia sono figure luminose dove prevale la calda intensità solare del bianco.[4][5][6][7].
Col periodo astratto-informale (1993-2001)[8], si ha una radicale trasformazione sia nelle tecniche che nelle tematiche.
Motivi di salute lo costringono ad abbandonare l'olio per l'alchidico e poi l'acrilico; cambia anche la ricerca pittorica con un prevalere dell'astrazione con l'uso di grandi tele, ma poi, negli ultimi anni, dipinge anche su cartoncino.
I colori diventano vivaci e tormentati, resi attraverso un più immediato utilizzo materico, ma non completamente casuale. Si ha infatti "...un evolversi verso la sintesi e l'essenza delle forme che lo ha portato ad abbandonare la fase iniziale narrativa, per abbracciare schemi d'effetto..."[9]
Anche la firma ha nuova vita, da estesa diventa qui più essenziale, simbolica, tesa a confondersi con le forme e il colore.
Oltre a mostre personali (Castellaneta, Roma, Foggia, Barletta, Milano), ha al suo attivo numerose partecipazioni in Italia e all'estero, con un nutrito elenco di riconoscimenti. Con il C.E.I.C. di Roma ha aderito a numerose manifestazioni internazionali con mostre, ricevendo riconoscimenti ed il plauso della critica.
Le sue opere si trovano presso collezioni private, mentre alcune sono state donate al Museo-Pinacoteca di Foggia, al Museo “Fiorelli” di Lucera (dove è presenta anche parte della documentazione originale) e alla Raccolta Lercaro di Bologna[10].
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