Antoine de Lonhy (documentato dal 1446 in Borgogna – morto verso il 1490 nel ducato di Savoia) è stato un pittore e miniatore francese, fu un artista itinerante, a lungo attivo in Piemonte.
La identità di questo polivalente artista (oltre che pittore e miniatore fu anche maestro vetraio ed autore di disegni per ricami) è stata messa in luce solo in anni relativamente recenti grazie ai lavori di ricerca condotti in parallelo da alcuni studiosi[1]. In precedenza egli era stato indicato con differenti nomi convenzionali: il "Maestro delle Ore di Saluzzo" (da un manoscritto miniato conservato alla British Library) o "Maestro della Trinità di Torino" (da uno dei suoi principali dipinti nel Museo civico d'arte antica del capoluogo piemontese.
Le ricerche menzionate hanno messo in evidenza come la sua formazione pittorica abbia avuto luogo nella Borgogna meridionale attorno al 1440 a contato con i modelli fiamminghi di Jan Van Eyck e di Rogier van der Weyden. Lavorò poi per importanti committenti come Nicolas Rolin, cancelliere di Filippo il Buono duca di Borgogna, secondo quanto attesta il più antico documento sulla sua attività pervenutoci (1446)[2], o come Jean Germain, vescovo di Chalon-sur-Saône (1449).
Agli inizi della decade successiva, Antoine si trasferì a Tolosa ove realizzò gli affreschi della cappella di Santa Caterina nella chiesa di Notre-Dame de la Dalbade (1454). Durante il suo soggiorno in Linguadoca egli realizzò anche opere in miniatura, segnatamente per l'arcivescovo di Tolosa, Bernard de Rosier; realizzò altresì, su incarico delle autorità comunali, alcune vetrate per la sala grande del palazzo civico (1460) e un'illustrazione per il Livre des Histoires.
Nello stesso anno (1460) lo troviamo attivo anche in Catalogna dove realizzò la vetrata per il rosone che orna la facciata della chiesa di Santa María del Mar in Barcellona e la pala d'altare per il monastero agostiniano della "Domus Dei" a Miralles, Castellví de Rosanes.
Da un atto notarile del 1462 apprendiamo che Antoine si era trasferito nel ducato di Savoia, ad Avigliana in Valle di Susa, presso Torino, e che cedeva ad un suo fiduciario il credito residuo che vantava per la pala d'altare del monastero agostiniano di Miralles.
Non si conosce la circostanza che portò Antoine a lavorare nel Ducato di Savoia; è verosimile che sia lui il destinatario di un pagamento disposto a favore di un "maistre Anthoine pintre" per alcuni lavori decorativi eseguiti per Amedeo IX a Chambéry. Lo stesso Amedeo IX, "il beato", è ritratto in un affresco, eseguito dopo la sua morte (1472) nella chiesa di San Domenico a Torino. Per Iolanda di Francia, moglie di Amedeo IX e figlia di Carlo VII, re di Francia, Antoine eseguì una serie di miniature per il trattato Breve dicendorum compendium. Anche le cosiddette Ore di Saluzzo conservate alla British Library di Londra (che Antoine contribuì a miniare) sono opera di ambiente artistico savoiardo.
Il catalogo delle opere eseguite da Antoine de Lonhy nel suo lungo periodo di permanenza in Piemonte si è andato arricchendo di nuove attribuzioni: oltre la celebre Trinità (1465-1470) conservata al Museo civico d'arte antica di Torino, le sei piccole tavole con figure di Apostoli (provenienti dalla predella di un ignoto polittico smembrato) acquistate nel 2000 dallo stesso Museo civico, una tavola con Sant'Anna, la Vergine e il Bambino nel Duomo di Torino (sacrestia) ed altre ancora.
Si annoverano inoltre diverse opere legate alla valsusina Abbazia di Novalesa ai piedi del Moncenisio: l'importante ciclo di affreschi (recentemente restaurati) presso la Cappella Provana e nel presbiterio nella chiesa abbaziale dei Santi Pietro ed Andrea a Novalesa, un polittico realizzato per la stessa chiesa, opera della bottega di Lohny, ora conservato nella chiesa parrocchiale di Novalesa.
Il suo stile si caratterizza per sapiente combinazione di impaginazione monumentale delle scene con una attenzione ai dettagli minuti; le sue figure sono spesso vestite con ricchi damaschi dalle pieghe ampie e profonde, mostrano espressioni sognanti e la loro carne è modellata con un'insolita morbidezza e luminosità.
L'influenza di Antoine del Lonhy, un pittore aggiornato sui raffinati modi stilistici delle Fiandre (forse meditati anche attraverso la lezione franco- provenzale di Barthélemy d'Eyck, il pittore ufficiale di Renato d'Angiò[3]), passato attraverso il confronto con le novità artistiche del contesto barcellonese, sulle arti figurative piemontesi della seconda metà del XV secolo fu alquanto marcata, ma forse senza che si comprendesse appieno il portato innovativo del suo linguaggio artistico. G. Romano osserva a questo riguardo
«L'itinerario piemontese di Antoine de Lonhy, lungo e ricco di opere, è destinato a lasciare una traccia più apparente che sostanziale, e soprattutto inciderà nelle tipologie di polittici, nell'ornato dei fondi oro e nelle damascature dei tessuti; le rischiose esplorazioni psicologiche sottotraccia dovranno attendere Pietro Grammorseo per vedersi riproposte con altrettanta febbrile acutezza; la gamma cromatica, ora trasparente ora speziata soccomberà sotto le proposte non meno seducenti dello Spanzotti» |
(G. Romano, Da Giacomo Pitterio ad Antoine de Lonhy, in "Primitivi piemontesi nei musei di Torino", op. cit. in bibliografia) |
Tavole lignee provenienti dall'Abbazia di Vezzolano
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