Piemontese, Carlo Pittara si forma nell'ambito dell'Accademia Albertina di Torino seguendo gli insegnamenti di Giuseppe Camino (1818 - 1890). Nel 1856 si trasferisce a Ginevra, in Svizzera, dove si specializza sotto la guida di Charles Humbert (1813 – 1881), pittore noto per le raffigurazioni di animali. A Ginevra conosce Gustave Castan (1823 - 1892) e Durand.[1]
Tra il 1858 e il 1860 fa tappa a Parigi, dove gli stimoli dell'Esposizione universale del 1855 non si sono ancora spenti: viene a contatto con Corot (1796 - 1875) e Charles Jacque (1813 -1894) e subisce il fascino della Scuola di Barbizon, che già conosceva dall'esperienza ginevrina[2].
Dopo Parigi trascorre tre anni di soggiorno a Roma.
Paesaggista di gusto romantico e realista, Pittara a partire dal 1861 è tra gli animatori della Scuola di Rivara, un gruppo di artisti che si riuniscono per varie estati a Rivara, nel Canavese: Ernesto Bertea, Alberto Issel, Serafín Avendaño, Antenore Soldi, Ernesto Rayper, Casimiro Teja, Federigo Pastoris. Li anima il desiderio di trasporre nelle proprie tele l'immediatezza del "vero", dipingendo en plein air e rinnovando la pittura del paesaggio, seguendo un percorso simile a quello portato avanti dalla scuola grigia ligure.
Con l'opera Sistema infallibile di ristorare le finanze italiane nel 1870 Pittara vince la medaglia d'oro all'"esposizione d'Arti Belle" a Parma.[3][4]
Negli ultimi dieci anni di vita trascorre lunghi periodi invernali a Parigi, dove a partire dal 1880 viene influenzato da un certo impressionismo che sarà d'ispirazione anche ai Macchiaioli e si considera il continuatore dell'opera di Giuseppe De Nittis.
Il successo di Carlo Pittara va letto nel contesto dell'interesse critico che nei primi anni del secondo dopoguerra si risveglia nei confronti delle scuole pittoriche piemontesi ottocentesche: «nel 1947 la nota "Galleria Fogliato" di Torino propone 88 pezzi di alta qualità mentre, quasi contemporaneamente, la Gazzetta del Popolo porta l'attenzione su Antonio Fontanesi, Marco Calderini, Alberto Pasini, e Giovanni Battista Quadrone.»[1]
Carlo Pittara è definito dal noto critico d'arte Marziano Bernardi «narratore pacato, di bel respiro», mentre Giorgio Dragone afferma che Pittara «svolse un ruolo di notevole rilievo nella vicenda del paesaggismo piemontese».[1]
Seppure sia oggi riconosciuto il ruolo centrale di Pittara nella Scuola di Rivara, non va sottovalutata l'analisi del critico Telemaco Signorini, che lascia il Pittara in ombra enfatizzando piuttosto il ruolo di Ernesto Rayper, considerandolo un "quasi fondatore" della Scuola di Rivara.[6]
I temi pittorici
Alla visione campestre, tra paesaggi bucolici, fiumi e animali e uomini al lavoro, Pittara associa spesso una visione sociale o etica.
Famosi sono i suoi contadini in campagna con le mucche, i buoi e le pecore. Dipinti dal vero per staccarsi dall'illusorio Romanticismo.
Grande animalista , le sue pecore entusiasmarono e ne presero esempio pittori del calibro di Pelizza da Volpedo e Segantini[7] per le loro successive opere.
Opere
I suoi quadri sono conservati in varie Gallerie civiche e di Arte moderna e al Castello di Rivara[8].
Angelo Dragone (a cura di), Delleani, vol. 1, Cassa di risparmio, 1973, p. 483
Una critica al Signorini viene da Gian Giorgio Massara, che evidenzia che «siccome il Rayper scompare nel 1873 non poté partecipare se non alle vicende iniziali del sodalizio».
Silvestra Bietoletti e Michele Dantini, Carlo Pittara, in L'Ottocento italiano: la storia, gli artisti, le opere, Giunti Editore, 2002, pp.250-251. (fonte)
Franz Paludetto e Marziano Bernardi, Paesaggi. La Scuola di Rivara: Carlo Pittara..., Franz Paludetto, 1991, SBNIT\ICCU\TO0\1602350.
Giuliano Mateucci (a cura di), Aria di Parigi nella pittura italiana del secondo Ottocento (catalogo della mostra al Museo civico Giovanni Fattori di Livorno, 4 dicembre 1998 - 5 aprile 1999), Livorno, Umberto Allemandi, 1998, p.169.
Luigi Mallé, La pittura dell'Ottocento Piemontese, Torino, Impronta, 1976
Francesco Santaniello, Carlo Pittara, Dizionario biografico degli Italiani, vol. 84, Roma, Istituto dell'Enciclopedia italiana, 2015
Angelo Dragone (a cura di), Da Bagetti a Reycend. Capolavori d'arte e pittura dell'Ottocento piemontese in collezioni private italiane (catalogo della mostra alla Palazzina della Società Promotrice delle Belle Arti di Torino, 11 giugno - 6 luglio 1986), Torino, Mediocredito piemontese, 1986, SBNIT\ICCU\TO0\0008716.
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