Giancarlo Flati (L'Aquila, 11 maggio 1953) è un pittore, scrittore e chirurgo italiano.
A partire dal 1972 Flati effettua lunghi soggiorni presso Università e centri di ricerca in Svezia, Polonia, Germania, Norvegia, Spagna, USA, dedicandosi sia alla ricerca artistica che a quella chirurgica. Il suo percorso artistico viene profondamente influenzato dalla cultura "mittel" e nordeuropea.
Già microchirurgo, ricercatore di chirurgia generale e docente, sino al 2009, di Metodologia Medico Scientifica presso L'Università degli Studi di Roma "La Sapienza".
Nel 2009, dopo il sisma dell'Aquila, fonda e presiede l'Associazione "Cantiere Aquilano di Cultura Creativa ai Margini della Coscienza"[1].
Dopo un lungo periodo figurativo (anni Settanta e Ottanta), Flati approda ad un lavoro di indagine artistica in cui tenta di trovare una sintesi tra scienza e arte[2][3].
A partire dagli anni Duemila, Flati indaga con la sua arte il significato estetico di un rivoluzionario rapporto mente-materia che rimette in discussione la classica rappresentazione della "realtà". Le teorie sull'olomovimento, sull'universo olografico e sul cervello olografico di David Bohm e Karl Pribram hanno portato infatti, alla fine del secolo scorso, il mondo della meccanica quantistica e quello delle neuroscienze a convergere su un nuovo modello di coscienza già contemplato dalla teoria dell'Ordine Implicato proposta da Bohm stesso negli anni settanta.
Nel 2017 nell’ambito della corrente artistica della Estetica Paradisiaca ideata dallo storico dell’arte Daniele Radini Tedeschi viene invitato alla Esposizione Triennale di Roma al Complesso del Vittoriano[4]. Nello stesso anno viene nominato dallo Storico dell’Arte Daniele Radini Tedeschi membro effettivo di El Circulo Magico, Padiglione Nazionale Guatemala, 57.Esposizione Internazionale d’Arte - la Biennale di Venezia[5] e per l’evento scrive il libro “Ai margini della mente creativa” ispirato al tema “La Marge” (prefatore Daniele Radini Tedeschi) dove vengono descritti i concetti ed i fondamenti teorici delle opere “Io albero dei Margini” e “Dal Silenzio delle foglie”[6].
Nel 2020 ha fondato un nuovo movimento artistico teorizzandone i fondamenti nel manifesto “L’Albero dei Mabits. Manifesto per un Rinascimento Umano ed Artistico nel Tempo delle Nuvole Super Intelligenti”, pubblicato da Aracne Editrice nel 2020[7].
Nel 2021 ha partecipato alla Esposizione Triennale di Arti Visive di Roma - Palazzo Borghese - Galleria del Cembalo[8].
Nello stesso anno ha partecipato alla Selezione Premio ARTInGenioMuseum di Pisa con le seguenti sue opere ivi esposte in permanenza: 1) Rhythm’s breackytrough 2) Soul theorem. Omaggio a Grigory Perelman, 3) Trascendentsd 2[9].
Nel 2022 ha partecipato per la seconda volta alla Biennale di Venezia - la 59.Esposizione Internazionale d’Arte - Padiglione Grenada, dove ha esposto la sua opera Ipermaschera Immaginaria di Mabits 2[10].
Flati ha illustrato numerose pubblicazioni, sia di carattere letterario, sia di argomento scientifico. Tra esse:
Tra le esposizioni personali si ricordano in particolare "Sequenze dell'Invisibile" tenuta alla Rocca dei Rettori di Benevento[11], "Intersezioni del Tempo", svoltasi a Palazzo Venezia[12][13] e "Dai Qbits ai nodi del Tempo?", organizzata nel 2012 all'Istituto Italiano di Cultura di Monaco di Baviera[14], ad Auronzo di Cadore[15] e al Castello di Roncade[16]. È stato selezionato per le seguenti esposizioni:
Considerevole è l'interesse ed il consenso che autorevoli critici ed intellettuali (tra i quali Giorgio Agnisola, Vito Apuleo, Giuseppe Benelli, Luigina Bortolatto, Angelo Centonze, Sandro Dell'Orco, Zenon Grocholewski, Paolo Levi, Luciano Luisi, Dino Marasà, Roland Maszka, Katiusha Minicozzi, Renato Minore, Gioia Mori, Elio Peretti, Roberto Russo, Salvatore Russo, Alida Maria Sessa, Sandro Serradifalco, Claudio Strinati, Duccio Trombadori, Luciano Carini) hanno rivolto a Flati e alla sua arte:
«Flati traduce il mondo invisibile in una dimensione costruita attraverso la combinazione di materia, di segno e di colore con immagini mobili, ricche di mistero che fanno della beltà una guida importante per raggiungere il vero come in matematica dove la scoperta dipende anche dal senso della bellezza tradotto nell'eleganza delle formule» |
(Luigina Bortolatto[22]) |
«Flati è un artista dotato di un alto livello di consapevolezza. In lui il flusso spontaneo dell’ ispirazione e la capacità riflessiva sul suo stesso lavoro si bilanciano come raramente accade. È attivo già da parecchi anni ma non c’è dubbio sul fatto che la sua opera si cali bene nel rinnovamento di questo inizio millennio. Con gli anni il maestro ha messo a punto, infatti, uno stile personalissimo, in parte dipendente anche dalle sue specifiche esperienze di uomo di scienza e d’ arte nel contempo, fino a contemperare un impulso assolutamente spontaneo con i risultati di un'ardua riflessione in cui convergono temi di ordine psicologico e metafisico, tecnico e spirituale» |
(Claudio Strinati[13]) |
«Attraverso le opere di Giancarlo Flati tutti noi spontaneamente impariamo un nuovo linguaggio, un linguaggio rivoluzionario, che è in grado di sostituire appieno ogni trovata artistica passata. È un'arte che ha la stessa importanza delle rivoluzioni dello scorso secolo e senza alcun dubbio la sua arte lo farà e diverrà modello per i posteri» |
(Sandro Serradifalco[23]) |
«(...) Accanto all’albero, quasi come seme della cresciuta pianta, il Flati ha creduto necessario far conoscere quella che potrebbe essere definita come la forma magmatica di vita artistica del suo pensiero filosofico: il libro d’artista. La sua rilegatura è legnosa, arborea, formata da una spessa corteccia protettiva, mentre al suo interno le pagine lasciano il posto ad opere di straordinaria potenza evocativa, immagini pregne di margini, esplosioni di sensibilità profonda, ricerche continue di dimensioni ulteriori rispetto agli spazi conosciuti. Flati con questo libro e con l’Albero dei margini, dichiara la sua fede di ermeneuta della contemporaneità, essendo egli artista laborioso e silente, lontano dal narcisismo delle avanguardie o del postmoderno, fedele confratello di eletta comune fondante sulla riflessione scientifica-perciò naturale- della spiritualità.» |
(Daniele Radini Tedeschi[6]) |
«Un'indagine epistemologica, quella di Flati, che congela il movimento esplosivo della materia in purissimi schizzi da cui traspare l'idea di una sorta di lirica conoscenza della realtà pulviscolare di cui è composta la realtà dell'universo (il macro e il micro) e, con essa, la porosa e granulare proprietà dell'emozione. Alla seduttività delle "immagini" e delle "visioni" scientifiche (cellule di sangue, fibre nervose, grani di DNA), contemplate e trasfigurate, stimate come detentrici di un nuovo e più enigmatico sapere e potere, corrisponde l'universo dell'omologia pittorica. Quel modo pulsante e lirico che realizza una continua fuga nella "meraviglia", sentita come possente metafora di rigenerazione, gorgo di continua trasformazione. Come in una singolare «croce di Einstein» in cui un oggetto lontano si moltiplica in più punti di luce, i colori e gli oggetti di Flati trasaliscono come piccole crepe appena li si agiti un po', muovendosi verso la loro momentanea rimessa a fuoco, cangiante e abbagliante insieme. "Informazione minima", "Informazione olografica"; "Interregno", "It from qbit 1", "Lei viene incontro", "Transizione 1"... Questi alcuni dei titoli delle composizione che, nella luminosa leggerezza, nella fragile profondità, abbattuta definitivamente la pretesa naturalistica della visibilità del mondo attraverso la rappresentazione, inseguono un mondo stellare e materico, appena mosso dal vortice di una metamorfosi che lo trasforma in ogni momento. Dove la vita appare come un unico evento, una specie di gigantesca fiamma che brucia lentamente e da cui partono mille e mille fuochi e fuocherelli individuali, che non sono però mai fisicamente disgiunti dalla fiamma principale. "Paesaggi" e "luoghi" colti dall'occhio tutto (solo all'apparenza) "mentale" di Flati, mossi da un maelström d'energia per cui le "cose", i "segni" - barbagli o residui di sabbia e di gesso, corpuscoli in cerca di una forma appena riconoscibile- diventano la leggerissima trabeazione di un sogno lungamente covato e fluttuante, sottratto al rigore intellettuale, affidato alla purissima sostanza delle immagini di mondi immaginari e dolcemente ossessivi.» |
(Renato Minore[24]) |
«Giancarlo Flati vive l'arte come un imperativo morale. Al tempo stesso riscopre le virtù taumaturgiche dell'indagine sperimentale ed estetica codificata dalla scienza della vita. Accade così che egli oppone uno sguardo filosofico e rabdomantico sui ritmi della natura allo scopo di farli "parlare" per mezzo di una figurazione che riesce ad imporsi a prima vista: "spiare la vita e i suoi segreti" non è affare da poco, se questa endoscopia dell'infinitamente piccolo può diventare parafrasi del primigenio, del cosmico e dell'incontro sintetico di spazio e tempo... Sono le relazioni che tengono insieme arte, religione e scienza ad entrare nel gioco rappresentativo di Giancarlo Flati e a suscitare una pensosa e partecipante reazione estetica. In ciò consiste l'indubbia originalità di un'opera che si distingue non solo per la sua maniera di vedere ma anche per lo straordinario spettacolo che invita gli osservatori ad attraversare, con la medesima intensità intellettuale e sentimentale, l'esperienza percettiva della "materia in movimento"» |
(Duccio Trombadori[6]) |
«Artista di frontiera, dunque, perché attivo in quella sottile e indefinita zona dove la materia si incontra con la mente e la fantasia, l'arte con la scienza, il visibile con l'invisibile, il concreto con l'astratto. E forse è proprio questo ciò che affascina e conquista nell'espressione di Giancarlo Flati, la sua ricerca costante, il suo sforzo prolungato e continuo nel rendere tutto questo a livello estetico-artistico nella piena consapevolezza che da sempre il linguaggio simbolico e dunque arte, bellezza, filosofia e scienza altro non sono che il nostro riparo quotidiano, l'unica strada percorribile per capire le nostre origini e trovare nuovi spunti per affrontare il futuro. Interessante e coinvolgente, pertanto, l'espressione di Giancarlo Flati e il suo percorso di ricerca che, partito dal figurativo, è gradualmente giunto all'Informale per approdare poi all'attuale espressione molto vicina al Concettuale, ma con caratteristiche e risultati del tutto personali.» |
(Luciano Carini[25]) |
«(...) Giancarlo Flati è un artista di frontiera, operatore e studioso dei Margini e dei Confini perché attivo in quella sottile e indefinita zona dove la materia si incontra con la mente e la fantasia, l’arte con la scienza, il visibile con l’invisibile, il concreto con l’astratto. E mi piace qui ricordare la sua immagine, per altro già presentata alla 57a Biennale Internazionale d’arte di Venezia, dell’albero dei Margini o albero dei MABits, immagine emblematica, simbolo e metafora del tempo, con la viva speranza che esso possa diventare l’albero dell’arte del futuro, che possa germogliare e produrre nuovi frutti, nuovi e diversi linguaggi, nuove bellezze.» |
(Daniele Radini Tedeschi[26]) |
Nel 2005 gli viene conferito il Premio Museo Michetti (sezione ricerca scientifica)[27].
Nel 2016 vince il concorso per il premio copertina della rivista USA Art & Beyond - Luglio/Agosto 2016[28].
È autore e coautore di vari studi di chirurgia specialistica e di oltre trecento pubblicazioni scientifiche edite su riviste italiane e straniere aventi come oggetti principali delle sue ricerche la messa a punto di nuove tecniche microchirurgiche, il trattamento dell'infertilità maschile ed il management delle patologie endocrine, gastrointestinali, pancreatiche infiammatorie e neoplastiche.
È inoltre autore dei seguenti libri:
Informazioni e riproduzioni di Flati sono consultabili nelle seguenti pubblicazioni:
Controllo di autorità | VIAF (EN) 60270087 · ISNI (EN) 0000 0000 7877 9684 · LCCN (EN) no2008172844 · WorldCat Identities (EN) lccn-no2008172844 |
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