Gilio di Pietro (... – Siena, 1261) è stato un pittore italiano attivo a Siena tra il 1247[1][2][3] e il 1261, data della sua morte[3]. L'unica opera che ci è pervenuta è la sua tavoletta di Biccherna della seconda metà del 1258, la più antica conservata.
Luciano Bellosi[4] gli ha recentemente (1998) attriuito le opere del maestro anonimo pisano chiamato Maestro dei Santi Cosma e Damiano. A seguito di questa tesi, Pietro di Gilio deve essere considerato come un pittore della scuola senese o un pittore pisano attivo a Siena[4].
Gilio di Pietro (Maestro Gilio di Pietro) fu pagato cinque soldi[1][5] per una tavoletta di Biccherna per la raccolta dei documenti del secondo semestre del 1258, pagamento registrato nella documentazione ufficiale (Biccherna 28, e, 3v)[1].
Pertanto è probabile che Massarello di Giglio, documentato dal 1291 al 1339, e anch'egli realizzatore di tavolette di Biccherna - possa essere suo figlio[6].
L'illustrazione è ridotta al quarto superiore destro del pannello, la metà inferiore della superficie della tavoletta non è verniciata perché vi è stata applicata la cinghia per chiudere la copia.
Rappresenta il camarlengo Frate Ugo, monaco di San Galgano, come indicato dal testo a sinistra e sopra l'illustrazione:
«LIBER CAMERARII TEMPORE BONIFATII DOMINI CASTELLANI DE BONONIA SENENSIS POTESTATIS IN ULTIMIS SEX MENSIBUS SUI REGIMINIS» |
Frate Ugo prestò servizio come camarlengo per diversi semestri consecutivi, dal gennaio 1257 al dicembre 1259, e ancora dal giugno 1260 fino al 1262 circa ed era il principale responsabile per affidare a un pittore la decorazione e l'illustrazione delle tavolette di Biccherna, utilizzate per legare i manoscritti contabili. La prima tavoletta illustrata, ordinata a un certo Bartolomeo è andata perduta, così come quelle dei due semestri successivi, e pertanto quella del 1258 è la più antica che ci sia pervenuta. La data è confermata dal testo visibile sulle pagine aperte del libro che il camarlengo tiene in mano, dove, con qualche difficoltà, è ancora possibile decifrare:
«I(N) A(NNO) D(OMINI) MCCLVIII ME(N)SE Iulii» |
Il restauro recente ha confermato la presenza dell'ultima cifra, ridotta a causa di un piccolo spazio vuoto[1].
Luciano Bellosi studiando in dettaglio il volto del camarlengo, e confrontandolo con le opere del Maestro dei Santi Cosma e Damiano, la Madonna Mantellini in particolare, ha notato delle caratteristiche (la macchia rossa sulle guance, degradata in striature irradiate, un sopracciglio segnato e circondato, quasi geometrico, i due filamenti bianchi sul lato dell'occhio che scendono in una curva parallela dopo aver sollevato la rotondità dello zigomo e infine la pupilla circondata da cerchi concentrici bianchi differenziati) dello stile del Maestro dei Santi Cosma e Damiano. Tuttavia, questa identificazione non è accettata all'unanimità dagli storici dell'arte[7].
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