Jaime Baço, detto anche Jaume o Jacomart (Valencia, 1410 circa – 1461), è stato un pittore spagnolo.
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Fu il principale esponente della pittura catalana del XV secolo, aperto alle molteplici influenze che allora interessavano il cosmopolita stato aragonese. Assimilò la più aggiornata tecnica dei pittori fiamminghi, che unì a un gusto sontuoso, con la predilezione dell'oro, unito a un'intensa spiritualità ed ai motivi architettonici italiani.[1]
Ampi periodi della sua vita sono avvolti dal mistero per la mancanza di documentazione. Lavorò nella sua città natale fino al 1442, quando fu chiamato a Napoli da Alfonso V d'Aragona, che per lui aveva una particolare predilezione, chiamandolo "el nostro leal maestro Jacomart". Influenzò profondamente la scuola locale, tra cui Colantonio, e nel 1445 tornò a Valencia per ritornare in Italia l'anno successivo, sempre su richiesta del re. Visitò in quell'occasione anche Roma e Tivoli, dove entrò in contatto col cardinale Alfonso Borgia, futuro papa Callisto III. Nel 1451 tornò definitivamente a Valencia.
Il suo stile non assorbì le novità italiane dell'epoca, restando invece ancorato al modello fiammingo e alle "rotte mediterranee" dell'arte della prima metà del XV secolo, legate ai fiorenti rapporti commerciali.
A Napoli lasciò un altare in Santa Maria della Pace, andato poi perduto. L'unica sua opera che possiede una documentazione è il Retablo di Catì, opera tarda (del 1460) realizzata in collaborazione con il suo collaboratore e seguace Juan Reixach. Altre opere sono frutto di attribuzioni, alcune ampiamente condivise dalla critica, come il Trittico Borgia (detto anche Retablo di Sant'Anna) nella collegiata di Játiva e le tavole con San Benedetto e Sant'Ildefonso nella cattedrale di Valencia.
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