Proveniva da una grande famiglia di prolifici artisti, tra i quali si ricordano principalmente il padre Gaetano e lo zio Ubaldo.
Dopo l'apprendistato presso il padre, si recò giovanissimo in Francia, forse ancora sedicenne. Di ritorno a Bologna nel 1785, si mosse con cautela all'interno della bottega paterna, sviluppando uno stile più attento al modellato e alla resa plastica, con qualche connotazione ironica di distacco dall'ambiente clementino.
Giovane donna con cappello e uomo pensoso, Fondazione Cavallini Sgarbi
Dal 1796 sembra cessata del tutto la produzione pittorica, in favore dell'acquarello e dell'incisione di traduzione, in cui il Gandolfi si dedicò con successo notevole, confortato da un lungo soggiorno parigino. Nel 1816 si recò per alcuni mesi nell'America del Nord.
Venne sepolto nella tomba di famiglia, all'arco 12 del chiostro Terzo del cimitero monumentale della Certosa di Bologna, insieme a Gaetano e Democrito Gandolfi. Il monumento funerario è attribuito allo scultore Giovanni Putti.[2][3]
Note
Roberto Martorelli, Claudia Vernacotola, Gandolfi Clementina, Storia e Memoria di Bologna
Monumento di Gaetano Gandolfi, su Storia e Memoria di Bologna, Istituzione Bologna Musei. URL consultato il 19 aprile 2021.
Antonella Mampieri, Gandolfi Gaetano, su Storia e Memoria di Bologna, Istituzione Bologna Musei. URL consultato il 19 aprile 2021.
Bibliografia
Donatella Biagi Maino, GANDOLFI, Mauro, in Dizionario biografico degli italiani, vol.52, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1999. URL consultato l'8 maggio 2016.
AA. VV., Dizionario della pittura e dei pittori, diretto da Michel Laclotte con la collaborazione di Jean-Pierre Cuzin; edizione italiana diretta da Enrico Castelnuovo e Bruno Toscano, con la collaborazione di Liliana Barroero e Giovanna Sapori, vol.1-6, Torino, Einaudi, 1989-1994, ad vocem, SBNIT\ICCU\CFI\0114992.
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