Otto Dix (Gera, 2 dicembre 1891 – Singen, 25 luglio 1969) è stato un pittore tedesco, esponente di spicco della "Neue Sachlichkeit" (Nuova oggettività)[1].
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Dipinse le sue opere più note durante gli anni della fragile Repubblica di Weimar, incentrate su temi forti e rappresentati con crudezza: la guerra e la morte al fronte, i reduci storpi nelle città del dopoguerra, le deformità, il rapporto tra eros e morte, oltre a numerosi ritratti e gli autoritratti che realizzerà con costanza per tutta la vita.
Di origini proletarie, il padre era operaio in fonderia[2], nel 1909 entrò alla Scuola d'arti decorative di Dresda e più tardi all'Accademia di belle arti[1]. La frequentazione di gallerie e mostre di pittura (sempre a Dresda, nel 1912, visitò una mostra di Vincent van Gogh, restandone fortemente colpito) fu determinante per il suo perfezionamento anche come autodidatta.
Allo scoppio della prima guerra mondiale, Dix si arruolò entusiasticamente volontario nell'esercito tedesco. In qualità di sottufficiale combatté sia sul fronte occidentale, contro l'esercito inglese e francese, che sul Fronte Orientale, contro l'esercito russo; nel corso della guerra fu ferito e decorato più volte.
L'esperienza della guerra scioccò profondamente Dix[1], trasformandolo in un convinto pacifista: una parte importante dell'opera di Dix rifletterà proprio quel tragico periodo. Solo dopo alcuni anni arriverà a realizzare su quel tema la sua opera più intensa e significativa. Si tratta del polittico su legno intitolato "La guerra", realizzato a Dresda nel 1932, dopo un lungo periodo di incubazione, appena un anno prima che Hitler ottenesse la carica di cancelliere.
Nel pannello centrale, tra corpi maciullati ed in decomposizione, emerge un'unica figura viva, uno spettrale soldato con maschera antigas; sovrasta il tutto uno scheletro impigliato fra travi d'acciaio, che sembra puntare l'indice della mano destra verso qualcuno o qualcosa. Successivo cronologicamente è "Le Fiandre", dipinto nel 1936, ultima opera sulla grande guerra, una drammatica esemplificazione della vita dei soldati in trincea.
Al termine della prima guerra mondiale, Dix tornò a Dresda. Nel 1919 aderì al gruppo espressionista della Secessione di Dresda (Dresdner Sezession) ma ben presto, con George Grosz, Rudolf Schlichter e John Heartfield, diede vita al gruppo dadaista tedesco, che prendeva ispirazione da quello di Zurigo, organizzando nel 1920 a Berlino la Prima fiera internazionale dada. In questo periodo Dix iniziò a produrre i dipinti che rappresentano gli ex combattenti orribilmente mutilati, le prostitute, i mendicanti. Dal punto di vista formale egli sperimentava l'intreccio di tecniche figurative diverse. Con questa scelta, Dix si proponeva di comunicare esplicitamente il suo rifiuto della tradizione.
Nel 1922 si trasferì a Düsseldorf, dove nella locale accademia perfezionò il suo tipico stile: un realismo acuto, narrativo e morale, pieno di significati simbolici. Dix si mostrava estremamente critico nei confronti della società tedesca del tempo e le sue opere ne esprimevano gli aspetti più squallidi; tra questi, particolare enfasi è data al tema della guerra e alla conseguente emarginazione sociale dei reduci, temi sviluppati anche in ambito letterario da scrittori come Erich Maria Remarque.
Come modelli usava spesso immagini reali di soldati sfigurati, raffigurando corpi squartati e decomposti in trincee e in campi di battaglia, servendosi di un realismo crudo e tragicamente impietoso per lanciare un violento atto d'accusa antimilitarista. Nella Germania del tempo, queste tele causavano un tale turbamento che spesso venivano rimosse dai musei e dalle gallerie d'arte dove erano esposte. Esemplare in tal proposito il caso del dipinto La trincea: realizzato nel 1920 e ripetuto nel 1923[3], fu acquistato da un Museo di Colonia nel 1923, ma venne restituito dal Direttore nel 1925 a seguito del giudizio scandalizzato dei critici. I nazisti nel 1937 la esposero come opera degenerata con l'indicazione "Sabotaggio alla difesa dipinto dal pittore Otto Dix"; il quadro finirà per scomparire, probabilmente bruciato.
Nel 1925 Dix partecipò alla mostra della Nuova oggettività a Mannheim[4] e nel 1927, dopo due anni di soggiorno a Berlino[4], fu chiamato a insegnare all'Accademia di Dresda[1].
Nel 1933, con la presa del potere da parte di Adolf Hitler, Dix fu considerato un artista degenerato[5], perse l'incarico di professore all'Accademia di Dresda e gli venne proibito di esporre le proprie opere, alcune delle quali furono esibite nell'esposizione nazista d'arte degenerata[5] e furono poi bruciate. Trasferitosi sul lago di Costanza, fu costretto a dedicarsi esclusivamente alla pittura di paesaggio, evitando i temi sociali.
In quanto veterano pluridecorato della prima guerra mondiale, allo scoppio della seconda guerra mondiale Dix fu nuovamente richiamato nell'esercito tedesco; catturato dalle truppe francesi, fu rilasciato nel 1946. Nel dopoguerra riprese l'attività artistica realizzando soprattutto allegorie religiose e scene di sofferenze legate alla guerra. Otto Dix morì a Singen, in Germania, il 25 luglio 1969.
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