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Simone da Firenze (fine XV secolo – prima metà XVI secolo) è stato un pittore italiano.

Polittico di Salandra, San Pietro (particolare)
Polittico di Salandra, San Pietro (particolare)

Biografia


Simone da Firenze, conosciuto anche come Simo o Simon de Florentia, è stato un pittore italiano attivo nell'area geografica del vicereame spagnolo del Cinquecento, la porzione corrispondente all'odierna Basilicata.

Sebbene il nome lo designi come "fiorentino", l'artista risulta attivo esclusivamente nell'Italia meridionale, a Napoli, prima e anche dopo la sosta di Polidoro da Caravaggio nel 1523-1524, e infine in Basilicata. In quest'ultima Simone giunge tramite la mediazione dei francescani e dei Sanseverino di Salerno, di Bisignano e di Marsico, che in Basilicata possedevano i feudi di San Chirico Raparo, di Salandra e di Potenza, che costituiscono i luoghi dove si conservano i dipinti del maestro.

La presenza di Simone in Basilicata si ricava dall'epigrafe del Polittico della chiesa di San Francesco a Senise firmato MR (Magister) Simon de Florentia e datato al 1523. Tale opera, seppur si attenga ancora alla tipologia arcaica della pala d'altare a più scomparti e mostri una mentalità ancora tardo-quattrocentesca, già evidenzia di volersi orientare verso un ammodernamento del linguaggio espressivo, improntato sulla lezione di Raffaello ma appreso e filtrato dalle stampe di Marcantonio Raimondi, dalla traduzione napoletana di Polidoro da Caravaggio e dallo stile compendiario e patetico di Pedro Machuca. Con una certa sicurezza si può affermare che Simone, più specificatamente nel periodo maturo, ha traghettato in Basilicata i canoni linguistici del Manierismo ai quali ha saputo innestare una nuova espressività resa con una narrazione fluida, più umana, e a tratti popolare.[1]

L'artista, probabile pittore-emigrante costretto a rifugiarsi al Sud per l'incapacità di adeguarsi completamente alla "terza maniera", ha comunque rivelato una tenace volontà di inseguire la cultura "moderna" tramite un personale processo di trasformazione, con varianti compositive o di significato, che lo hanno messo in grado di rispondere alle attese conservatrici della committenza lucana.[2]

Gli echi di Simone giungono sino in Veneto dove, alla Ca' d'Oro di Venezia, è conservata una tavola, probabile parte di un polittico, che raffigura un San Paolo attribuita a scuola del "sud Italia" della prima metà del XVI sec. ma assegnata dal Rizzi[3] a Simone da Firenze per le analogie con il San Paolo di Palazzo Lanfranchi a Matera e col busto dello stesso santo del Polittico di Salandra; in tutti e tre i casi il San Paolo è raffigurato con barba radiale, simile a quella dei profeti, e con una folta e scarmigliata capigliatura che contrasta con l'iconografia del santo che lo vuole quasi affetto da calvizie.

Il percorso biografico ed artistico di Simone risulta comunque ancora complesso per biografia, per attribuzioni e per cronologia.


Opere



Le opere di Simone in Campania


È possibile che la fase più antica di Simone, collocabile tra il 1505 e il 1510 circa, sia da identificarsi nell'opera del cosiddetto Maestro del Polittico di Angri, contraddistinta da evidenti derivazioni da modelli fiorentini della fine del Quattrocento. Secondo il Naldi[4] sono state eseguite in Campania:


Le presunte opere giovanili di Simone in Basilicata


Polittico (Simone da Firenze) - Duomo Parrocchiale S. Chirico Raparo
Polittico (Simone da Firenze) - Duomo Parrocchiale S. Chirico Raparo

Il corpus giovanile delle opere di Simone in Basilicata è costituito dalle seguenti opere:


L'ultimo Simone: le probabili opere della maturità


Polittico di Salandra, Annunciazione
Polittico di Salandra, Annunciazione
Polittico di Salandra
Polittico di Salandra

Il Simone della maturità è più chiaramente manierista: narra la realtà con lo spirito del Rinascimento mostrando al contempo una sorprendente carica umana ed espressiva.

Dal punto di vista tecnico le tavole del primo registro (San Pietro, san Giovanni Battista e parzialmente l'Annunciazione) e della predella sono state eseguite a fondo oro lavorato finemente a bulino con la stessa tecnica di doratura applicata nella più antica tradizione toscana. Anche dal punto di vista stilistico l'opera si colloca nel solco della medesima tradizione toscana per la precipua attenzione assegnata al disegno, esibito anche nell'uso del tratteggio per definire i volumi in luogo del colorismo per il chiaroscuro[8].


Note


  1. Cfr. il giudizio di Alberto Rizzi riportato in R. Naldi, Centro e periferia nel primo Cinquecento italiano: il caso di Simone da Firenze "Pittore senza disegno", Bollettino d'arte, 1970, Napoli, nota 5: Simone da Firenze "(...) rivela a primo acchito il suo pretto toscanismo, stilisticamente immune da inflessioni meridionali (...). Il clima pittorico è quello dell'ultimo ventennio del Quattrocento fiorentino, nel quale Simone appare completamente immerso, tutto intento a far tesoro delle lezioni del Botticelli, del Ghirlandaio e di Filippino Lippi, ecletticamente filtrate anche attraverso i modi di vari petit-maîtres centro italici. In tale cultura Simone innesta una personale carica di realismo nordicheggiante, piegato alla resa di effetti drammatici (...)".
  2. R. Naldi, Centro e periferia, p. 49.
  3. Alberto Rizzi Scritti sull'arte in Basilicata (1966-1976), BMG, Matera 2007, p. 249.
  4. Simone da Firenze, Cultura. Pittura in Basilicata, a cura di R. Villani, nota 4.
  5. Simone da Firenze, Cultura. Pittura in Basilicata, a cura di R. Villani, nota 8.
  6. A. Grelle Iusco, Arte in Basilicata, De Luca, Roma 2001 (rist. an. dell'edizione del 1981), p. 187.
  7. R. Naldi, Op.cit.
  8. Alberto Rizzi, Op. cit., p. 244.

Bibliografia


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