Il Palazzo della Magnifica Comunità di Fiemme, in passato chiamato Palazzo degli Scari, è un edificio storico situato a Cavalese, in provincia di Trento.
Palazzo della Magnifica Comunità di Fiemme | |
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Localizzazione | |
Stato | ![]() |
Regione | ![]() |
Località | Cavalese |
Indirizzo | Via San Sebastiano e Via Scario 1, 38033 Cavalese |
Coordinate | 46°17′29.04″N 11°27′33.7″E |
Informazioni generali | |
Condizioni | in uso |
Costruzione | XIII secolo |
Uso | museo-pinacoteca |
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Il palazzo fu edificato come sede temporanea per il vicario del principe vescovo di Trento che, come stabilito dai patti gebardini del 14 luglio 1111, si recava nella Val di Fiemme due volte l'anno per amministrare la giustizia. I documenti più antichi indicano che l'edificio fu eretto indicativamente verso la fine del XIII secolo.[1]
Nel 1500 il palazzo fu sottoposto ad una intensa attività di riorganizzazione edilizia, per la quale furono impegnati artisti di altissimo livello, chiamati dalla fabbrica del Castello del Buonconsiglio.[1]
All'inizio del XIX secolo, alla fine del principato vescovile, il palazzo divenne un carcere. Nel 1850 fu acquistato dalla Magnifica Comunità Generale di Fiemme che, nel corso del XX secolo, promosse diverse campagne di restauro per il recupero del monumento.[1]
Dopo l'ultimo intervento, conclusosi nel 2009, il palazzo fu destinato a museo-pinacoteca. La nobile residenza rinascimentale, riaperta al pubblico il 5 luglio 2012, custodisce una collezione di grandi opere d'arte, tra cui dipinti dei maggiori rappresentanti della Scuola pittorica di Fiemme ordinati cronologicamente dall'inizio del XVII secolo al XIX secolo. Le prigioni ottocentesche, con le loro incisioni, raccontano vite, ricordi e condanne dei detenuti dell'epoca.[1]
La Sala dell'attesa è un'elegante stanza, in cui venivano accolti i cittadini in attesa di ricevere udienza presso il vicario del principe vescovo di Trento. Le pareti presentano affreschi rinascimentali con una finta stoffa damascata a fasce alternate rosse e dorate ed un fregio a grottesche, con putti, tralci di vite e cani levrieri. La scala a chiocciola, rivestita in legno di cirmolo, conduce alla Sala delle udienze al secondo piano. Nella sala sono esposte opere di grandi pittori della Scuola fiemmese: Giuseppe Alberti, Nicola Grassi, Giambattista Pittoni, Paul Troger e Michelangelo Unterperger.[2]
La camera da letto del vicario vescovile presenta ancora il rivestimento ligneo originale del 1539, realizzato per assorbire l'umidità e proteggere dal freddo durante il riposo; il soffitto a cassettoni è caratterizzato da sculture di angeli musicanti e corone d'alloro, simboli di sapienza e gloria, mentre al centro vi è lo stemma dell'unitas affiancato da rami di alloro e palma, simboli della politica del principe-vescovo Bernardo Clesio.[3]
Il Salone clesiano fu realizzato nel 1537-1539 per ospitare le udienze del tribunale presiedute dal vicario, assistito dal Consiglio dei Giurati di Fiemme. Gli affreschi rinascimentali presentano un fregio a grottesca con 14 riquadri che includono figure fantastiche e putti giocosi su tralci di vite. In ogni campo si alternano le imprese clesiane: il fascio delle sette verghe, simbolo dell'unitas, e i rami di palma (la vittoria) e di alloro (il trionfo) incrociati. Sono poi esposti ritratti di importanti personaggi legati alla storia del palazzo e della Magnifica Comunità di Fiemme.[4]
Luogo riservato allo studio e alla riflessione, lo Studiolo era ricco di arredi mobili e decorazioni; rimane ora solo il fregio con un trionfo di colore, movimento e luce.[5]
Già alla fine del XV secolo nel palazzo vennero allestite delle prigioni al piano terra, nei pressi dell'odierno ingresso principale, e al piano rialzato. A seguito dell'invasione napoleonica, il palazzo divenne proprietà del Governo Bavarese e sede del Giudizio Distrettuale di Fiemme, Fassa e Primiero; le carceri vennero utilizzate fino alla fine dell'Ottocento.[6]
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