100 disegni danteschi su pergamena furono commissionati a Sandro Botticelli, tra il 1480 e il 1495,[2] da Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici, detto il Popolano, cugino di secondo grado di Lorenzo il Magnifico. Per lui, Botticelli realizzò due tra le sue opere più famose: Pallade che doma il centauro e la Primavera, dipinti oggi conservati agli Uffizi. I Disegni per la Divina Commedia conosciuti sono 92. L'unico completato è quello che introduce i Canti dell'Inferno, cioè La voragine infernale.
Disegni per la Divina Commedia | |
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Autore | Sandro Botticelli |
Data | 1480-1495 |
Tecnica | Punta d'argento e inchiostro, su pergamena |
Dimensioni | 32,5×47,5 cm |
Ubicazione | Biblioteca Apostolica Vaticana e Kupferstichkabinett[1], Città del Vaticano e Berlino |
La serie dantesca di Botticelli è stata smembrata in due gruppi: 85 pergamene sono nel nuovo Kupferstichkabinett, che ha riunito le raccolte dei due Musei statali di Berlino;[3] 7 pergamene (con 8 tavole) - acquistate da Alessandro VIII nel 1669 e provenienti dalla collezione della regina Cristina di Svezia - sono alla Biblioteca Apostolica Vaticana.[4]
In un manoscritto anonimo, conservato a Firenze[5] e datato 1540, si ricorda che Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici aveva commissionato un ricco manoscritto della Divina Commedia, incaricando il copista Niccolò Mangona di scriverne il testo e a Sandro Botticelli di realizzarne le illustrazioni, una per ogni Canto, oltre alla prima con lo spaccato dell'Inferno.
Per completare il corpus dei 100 disegni per i canti della Commedia, mancano 8 tavole dell'Inferno, considerate perdute (II-III-IV-V-VI-VII, XI, XIV) e le tavole per due canti del Paradiso (XXXI e XXXIII), che forse non furono mai realizzate. Tra le 92 tavole a noi giunte ci sono La voragine infernale (o Pianta dell'Inferno) e Inferno Canto I - tavole che sono state disegnate rispettivamente sul recto e sul verso di uno stesso foglio di pergamena- e Il grande Satana che occupa invece un foglio doppio. La pergamena del Canto X dell'Inferno presenta un principio di colorazione nelle vesti dei personaggi, mentre le pergamene dei Canti XXXI e XXXIII del Paradiso sono rimaste totalmente prive d'illustrazione.
I fogli, di pergamena di pecora, misurano circa 32,5 cm di altezza e 47,5 cm di larghezza; ma il Grande Satana misura 46,8x63,5 cm. Ad eccezione de La voragine infernale, le illustrazioni sono state dipinte sul lato interno e liscio della pelle; mentre il testo era sul lato esterno e poroso, detto il fiore. L'illustrazione per il XVIII Canto dell'Inferno è colorata a tempera.
Botticelli si è servito di diversi strumenti: per le linee basilari della composizione ha utilizzato lo stilo d'argento con piombo; per precisare i contorni li ha poi ripassati a penna e inchiostro ocra, o oro, o nero. Pochi disegni sono stati da lui completati ed interamente oppure parzialmente colorati. L'unico completo è La voragine infernale che apre la serie. È una suggestiva rappresentazione globale dell'Inferno dantesco: un grande imbuto, con qualche elemento architettonico e con figure miniaturizzate, una summa quindi, sintetica ma completa, delle successive scene dell'Inferno. L'intera opera rappresenta un continuum narrativo, una sequenza del viaggio letterario, didattico, morale, filosofico.
Ha scritto Bernard Berenson: «Sarebbe assurdo pretendere che puri contorni, come si hanno nei disegni del Botticelli, rendano l'intera gamma di sensazioni, di passioni, di emozioni, che si succedono rapidamente nei versi di Dante. Sarebbe come voler rendere la Nona Sinfonia di Beethoven o il Dies Irae di Berlioz usando come solo strumento il corno da caccia.» Per Berenson, Botticelli non era l'artista adatto ad illustrare la Divina Commedia, ad interpretare la forza espressiva, la drammaticità di Dante: «Nella sua mano la linea acquista una purezza alata, che nell'universo sensibile trova riscontro solo in alcune estatiche note di violino, o nei timbri più cristallini di una melodica voce di soprano. Riducendosi a ciò che offriva, o non offriva, spunti a rapsodie di linee pure, alate, il mondo del Botticelli era dei più semplici: nella Commedia egli vide un tema adatto alla sua arte, interpretandolo alla luce di quest'unica, semplice esigenza.»[6]
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