Il Martirio di san Giovanni è un'opera di Giambattista Tiepolo collocata sull'abside del Duomo di Bergamo realizzata nel 1745. Racconta il martirio di san Giovanni vescovo di Bergamo, avvenuto nell'anno 688[1].
Martirio di san Giovanni | |
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Autore | Giovan Battista Tiepolo |
Data | 1745 |
Tecnica | olio su tela |
Dimensioni | 502×240 cm |
Ubicazione | Duomo di Bergamo, Bergamo |
Posta sul lato sinistro, la tela, è l'opera più recente e sicuramente la più importante presente sull'abside, e conclude il ciclo delle grandi tele che adornano la cattedrale di Sant'Alessandro. Venne commissionata nel 1743 dai canonici Albani e Giovanni Pesenti, che firmarono il contratto il 31 luglio del medesimo anno[2].
In preparazione alla realizzazione dell'opera, Tiepolo, che si trovava a Venezia[3], aveva provveduto a consegnare un bozzetto che servì a ottenere il consenso dei committenti[4]. Il bozzetto di 21 cm di larghezza per 38 cm di altezza, è conservato presso l'Accademia Carrara con un legato di Francesco Baglioni che lo aveva acquistato alla fine del XIX secolo. Il bozzetto era rimasto di proprietà del Pesenti committente dell'opera e successivamente passato alla Galleria Bonomi Cereda di Bergamo[5].
Il quadro venne realizzato successivamente e posto sul presbiterio il 25 settembre 1745. Il dipinto venne probabilmente eseguito con la collaborazione del figlio Giandomenico[6], di cui sono conservati, in Accademia Carrara, bozzetti di prova.
L'opera venne realizzata dal Tiepolo quando viveva a Venezia, ma il soggetto non potrebbe essere più bergamasco di così, san Giovanni fu infatti vescovo della città nel VII secolo e vi morì martire. La tela è l'unico esempio iconografico relativo a questo santo e rappresenta la scena del suo martirio nella chiesa di Sant'Alessandro[2]. L'artista ben conosceva Bergamo avendo eseguito altri lavori, nel contempo si trovava nel pieno della sua maturità artistica, rilevabile dalla determinazione del tratto con pennellate sicure e ininterrotte e dall'impianto scenico[7], e dagli insegnamenti del maestro Paolo Veronese
Al centro del dipinto vi è rappresentato Giovanni vescovo vestivo di bianco, che tende le braccia al cielo verso l'angelo che tiene nella mano sinistra la palma del martirio e nella destra la corona dei santi. Ai piedi del martire la mitra e il pastorale simboli vescovili.
La scena, tipicamente barocca, ha toni melodrammatici, dall'espressione del martire a petto nudo, completamente contorto sulla schiena, ai presenti alla scena che urlano e gesticolano disperandosi, testimoni di un atto grave e unico. La balconata posta sullo sfondo divide la scena in due sezioni, la parte inferiore terrena ma che si protrae verso l'alto, verso la parte superiore celeste, già da Paradiso, in un illusionistico slancio. Ed è questo il messaggio che si voleva proporre ai fedeli, il martirio come cammino verso la vita eterna[2].
Alcuni particolari della tela, identificano l'ausilio del figlio solo diciottenne Giandomenico, in particolare nel personaggio urlante posto alle spalle del carnefice, riprende i bozzetti che aveva firmato, conservati nell'Accademia Carrara[2].
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