Ragazzo che monda un frutto fu realizzato da Caravaggio, a Roma. Il dipinto originale è andato perso ma lo conosciamo attraverso copie tra cui quella in Collezione Longhi a Firenze.[1]
Ragazzo che monda un frutto
Autore
Michelangelo Merisi da Caravaggio (copia da)
Data
1592-1593
Tecnica
olio su tela
Dimensioni
75,5×64,4cm
Ubicazione
Collezione Longhi, Firenze
Storia e descrizione
È possibile che quest'opera sia stata realizzata durante il soggiorno di Caravaggio presso Monsignor Pandolfo Pucci a Palazzo Colonna, ma è molto più plausibile l'ipotesi che essa sia riferibile al periodo di collaborazione con Giuseppe Cesari, detto il Cavalier d'Arpino.[2] Infatti, il Ragazzo che monda un frutto fu tra le opere sequestrate, nel 1607, nella bottega di Cavalier d'Arpino dal fiscale di papa Paolo V Borghese. Fu poi il papa stesso a far dono del dipinto a suo nipote Scipione Borghese.[3] Nel gruppo di opere sequestrate figuravano anche il Bacchino malato e il Fanciullo con canestro di frutta.[4]
Il frutto che viene sbucciato dal ragazzo è misterioso. Le fonti[senzafonte] dicono che potrebbe trattarsi di una pera, il che è probabilmente corretto ma è stato più volte discusso; potrebbe trattarsi di una drupa, frutto che compare sul tavolo, ma questa di solito non viene sbucciata; alcuni hanno suggerito[senzafonte] che possa trattarsi di un bergamotto, un frutto a forma di pera che cresce in Italia, ma altri hanno obiettato che il bergamotto è aspro e praticamente non commestibile.
Il ragazzo non è 'rustico', ma è ritratto pulito e ben vestito e non come un garzone 'di bell'aspetto'. È possibile, inoltre, che il dipinto celi delle allegorie, poiché è noto che la frutta era spesso dipinta fini allegorici. Lo studioso di Caravaggio, John T. Spike, ha recentemente suggerito che il ragazzo dimostra resistenza alla tentazione nell'ignorare i frutti più dolci (frutti del peccato) in favore del bergamotto, ma nessuna specifica lettura è stata accettata.[senzafonte]
Il modello è considerato[senzafonte] simile a quello dell'angelo nel San Francesco in estasi e al ragazzo vestito come Cupido nel suo Concerto, entrambi datati all'incirca tra 1595 e il 1597.
Note
Per ulteriori approfondimenti sul perduto originale di Caravaggio, si veda Mina Gregori, "Ragazzo che monda un frutto", in Caravaggio e il suo tempo, catalogo della mostra (Napoli, Museo nazionale di Capodimonte), Milano: Electa, 1985, p.200-203, ma anche Franco Paliaga, "Da Vincenzo Campi e Bartolomeo Passerotti a Fede Galizia e Panfilo Nuvolone", in Natura morta italiana tra Cinquecento e Settecento, catalogo della mostra a cura di Mina Gregori e di Johann Georg Prinz von Hohenzollern (München, Kunsthalle der Hypo-Kulturstiftung), Milano: Electa, 2002, p.88.
Ferdinando Bologna, L'incredulità del Caravaggio e l'esperienza delle cose naturali, Torino: Bollati Boringhieri, 1992, p.298.
Ferdinando Bologna, L'incredulità del Caravaggio...op. cit., p.298.
Mina Gregori, "Due partenze in Lombardia per la natura morta", in Natura morta italiana tra Cinquecento e Settecento, catalogo della mostra a cura di Mina Gregori e di Johann Georg Prinz von Hohenzollern (München, Kunsthalle der Hypo-Kulturstiftung), Milano: Electa, 2002, p.28.
Bibliografia
Mina Gregori, "Ragazzo che monda un frutto", in Caravaggio e il suo tempo, catalogo della mostra (Napoli, Museo nazionale di Capodimonte), Milano: Electa, 1985, p.200-203.
Franco Paliaga, "Da Vincenzo Campi e Bartolomeo Passerotti a Fede Galizia e Panfilo Nuvolone", in Natura morta italiana tra Cinquecento e Settecento, catalogo della mostra a cura di Mina Gregori e di Johann Georg Prinz von Hohenzollern (München, Kunsthalle der Hypo-Kulturstiftung),Milano: Electa, 2002, p.77-104.
Mina Gregori, "Due partenze in Lombardia per la natura morta", Natura morta italiana tra Cinquecento e Settecento, catalogo della mostra a cura di Mina Gregori e di Johann Georg Prinz von Hohenzollern (München, Kunsthalle der Hypo-Kulturstiftung),Milano: Electa, 2002, p. 17-40.
Ferdinando Bologna, L'incredulità del Caravaggio e l'esperienza delle cose naturali, Torino: Bollati Boringhieri, 1992.
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