Il Ritratto di cavaliere è un dipinto a tempera su tela (218x152 cm) di Vittore Carpaccio, datato 1510 e conservato nel Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid.
Ritratto di cavaliere | |
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Autore | Vittore Carpaccio |
Data | 1510 |
Tecnica | tempera su tela |
Dimensioni | 218×152 cm |
Ubicazione | Museo Thyssen-Bornemisza, Madrid |
Il dipinto è noto da tempi recenti, quando nel 1919 era nella collezione Vernon-Wentworth, nello Yorkshire. Passato in asta a Christie's di Londra il 3 novembre di quell'anno, fu acquistato per la collezione Sully, a Londra
In seguito entrò nelle raccolte di Otto H. Kahn a New York e poi in quelle Thyssen-Bornemisza (1935), già a Lugano e dal 1992 a Madrid.
Il giovane cavaliere è ritratto in piedi sul primo piano, con le gambe saldamente aperte a compasso nell'atto di sguainare lo spadone, sullo sfondo di un paesaggio descritto con una cura minuziosa del dettaglio, degna della pittura fiamminga.
Il profilo di un armato a cavallo si stacca dalle mura di un castello fortemente scorciato in profondità, sulle cui mura si nota l'insegna lignea di un cavallo al galoppo. A fianco dell'uomo si vede apparire un cane, mentre un altro si trova poco dietro il cavaliere in primo piano. Ogni specie vegetale e faunistica è perfettamente riconoscibile; tra gli animali si vedono, oltre ai già citati cani, un ermellino (simbolo di purezza e integrità), un cervo, un pavone (simbolo di immortalità), un leprotto e numerosi uccelli, alcuni in volo e altri nello specchio d'acqua che si apre sulla destra.
Un cartiglio in terra a sinistra accanto all'ermellino reca il motto "MALO MORI / QUAM / FOEDARI" ("Meglio morire che contaminarsi"). Questo infatti è il motto dell'Ordine dell'Ermellino,istituito da Don Ferrante di Aragona,re di Napoli. Diverse famiglie nobiliari italiane erano fedeli agli Aragonesi,tra i quali,per un certo periodo,gli Sforza,i cui colori (giallo oro e nero) sembrerebbero indossati dal cavaliere armato a sinistra.
L'identità dell'effigiato è stata storicamente oggetto di discussione: si sono avanzati i nomi del duca di Urbino Francesco Maria I della Rovere e del re di Napoli Ferrandino.
Un'ipotesi più recente suggerisce il nome di Marco Gabriel, patrizio veneziano e rettore della fortezza di Modone in Morea. Secondo quest'ultima interpretazione, l'opera sarebbe stata commissionata al Carpaccio dalla famiglia Gabriel su suggerimento di Paolo Vallaresso, rettore della fortezza di Corone e committente del ciclo della Scuola di San Giorgio degli Schiavoni; lo scopo sarebbe stato quello di riscattare l'onore di Marco Gabriel, accusato di pavidità durante l'assedio ottomano di Modone (1500) e durante la successiva prigionia[1].
Nessuna di queste ipotesi è stata confermata.
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(aiuto) (archiviato dall'url originale il 12 luglio 2015).Altri progetti
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