Sant'Orsola in gloria o Sant'Orsola e le diecimila vergini è un dipinto olio su tavola di Andrea Previtali conservato presso la pinacoteca dell'Accademia Carrara di Bergamo, realizzato tra il 1520 e il 1525[1].
Sant'Orsola in gloria | |
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Autore | Andrea Previtali |
Data | 1520-1525 |
Tecnica | olio su tavola |
Dimensioni | 263×223 cm |
Ubicazione | Accademia Carrara, Bergamo |
Andrea Previtali, bergamasco di nascita, ma veneziano di adozione essendosi trasferito nella città lagunare in tenera età con la famiglia che commerciava in corde e aghi, firmerà infatti i suoi primi lavori Andrea Cordellaghi[2], nel 1512 fece ritorno a Bergamo invitato da alcune famiglie della nuova borgheria per la realizzazione di pale d'altare e ritratti che le ponessero all'attenzione dell'amministrazione veneziana che governava in città.
Il dipinto, secondo alcune fonti, fu commissionato da fra Filippo Foresti per la cappella di sant'Orsola della chiesa di Sant'Agostino, anche se viene datato dal 1520 al 1525. Era infatti stata fondata nella chiesa, la scuola di santa Orsola da fra Giovanni da Novara nel 1444, e nella cappella veniva conservato, in un reliquiario argentato realizzato da frate Enrico da Aquisgrana, il teschio della santa[3].
Del dipinto si persero le tracce con l'occupazione francese del 1797, la chiesa agostiniana subì una gravissima devastazione diventando la scuderia dell'esercito. Probabilmente fu conservato in qualche collezione privata e donato solo nel 1943 da don Guido Morali alla pinacoteca bergamasca.
Il dipinto descrive la gloria di sant'Orsola la cui storia è circondata da molte leggende che hanno differenti varianti. Orsola visse probabilmente nel IV secolo: era figlia di un re della Britannia convertita al cristianesimo, quando fu promessa in sposa ad un principe pagano dal padre, e ottenne di rimandare le nozze per un periodo di tre anni, con il permesso di recarsi a Roma dal papa accompagnata da dieci o undici fanciulle vergini (per uno strano errore di trascrizione queste divennero mille o undicimila). A Roma incontrò il suo promesso, che si convertì alla fede cristiana. Durante il viaggio di ritorno si fermò a Colonia dove rifiutò di sposare il re unno Attila, per questo subì il martirio venendo trafitta da una freccia. Le compagne furono anch'esse martirizzate. [4].
Il dipinto è su tavola dorata e raffigura la santa sopra un piedistallo circondata da molte compagne oranti, ipoteticamente mille. Il dipinto non fu considerato di grande valore, le fanciulle troppo compresse e la santa troppo severa, se non per la precisione degli abbigliamenti e delle acconciature. Le due fanciulle in prima piano voltano le spalle all'osservatore, quella di sinistra regge tra le mani una freccia simbolo del martirio e un vessillo arrotolato, mentre la ragazza di sinistra regge un vessillo più dispiegato che ostenta più chiaramente i simboli della fede. Le ragazze, innumerevoli, si perdono in un paesaggio collinare e montano popolato di castelli e villaggi. Tre angeli che sorreggono tre corone dai tre differenti colori volano sopra la martire per condurla alla gloria nel cielo[5].
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