I Sette peccati capitali è un dipinto a olio su tela (120x150 cm) attribuito a Hieronymus Bosch o a un suo imitatore, databile al 1500-1525 circa e conservato nel Museo del Prado di Madrid. L'opera è firmata sotto il cartiglio inferiore "Jheronimus Bosch".
Sette peccati capitali | |
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Autore | Hieronymus Bosch o imitatore |
Data | 1500-1525 circa |
Tecnica | Olio su tavola |
Altezza | 120×150 cm |
Ubicazione | Madrid, Museo del Prado |
L'opera è citata tra i dipinti inviati da Filippo II di Spagna all'Escorial nel 1574. Era erroneamente ritenuta il piano di un tavolo.
Di datazione molto incerta, tradizionalmente riferita alla prima maturità (1485 circa), studi recenti l'hanno invece collocata alla fase ultima, dopo il 1500, forse completata dopo la morte dell'artista, nel 1516, da un collaboratore, entro il 1525 circa (Guevara), capace di una fattura anche "più precisa e paziente" del maestro.
Quattro piccoli medaglioni, rappresentanti la Morte di un peccatore (da un'incisione dell'Ars moriendi), il Giudizio Universale, l'Inferno e il Paradiso (i "Novissimi"), sono disposti agli angoli della tavola, circondando un cerchio più grosso dove sono raffigurati i vizi capitali e, nella "pupilla", Cristo che si erge dal proprio sepolcro, entro una fascia di raggi dorati che simboleggiano l'occhio di Dio. Sotto questa figura, si nota una scritta in latino:
(LA)
«CAVE CAVE D[omi]N[u]S VIDET» |
(IT)
«Attenzione, attenzione, Dio vede» |
Le sette scene dell'"iride" mostrano i peccati capitali, ciascuno con la propria indicazione in latino: in basso si trova l'Ira, poi in senso orario Invidia, Avarizia, Gola, Accidia, Lussuria e Superbia.
L'Ira è rappresentata con una rissa tra due paesani ubriachi, mentre una donna cerca di calmarli.
L'Invidia è raffigurata mediante il proverbio fiammingo che recita "due cani con un osso difficilmente raggiungono un accordo". L'immagine mostra infatti due cani che non si interessano alle ossa davanti a loro, ma aspirano all'osso tenuto in alto; la coppia al di sopra è paragonata ai cani stessi, in quanto essi guardano con invidia un elegante nobile con il falco in mano, che fa lavorare gli altri per lui (l'uomo che porta il pesante sacco sulla schiena); aspirano a quello che non possono avere, mentre la loro figlia si rivolge dalla finestra a un pretendente, del quale spicca soprattutto il grande portafoglio.
L'Avarizia mostra un giudice disonesto, che accetta denaro di nascosto dalle due parti in causa.
Nella Ingordigia due contadini mangiano e bevono smodatamente, davanti a un bimbo obeso che da loro trae cattivo esempio.
L'Accidia è simboleggiata da un personaggio che dormicchia in un'abitazione accogliente, davanti a un camino, mentre la Fede, nelle sembianze di una suora, gli appare in sogno per ricordargli i suoi doveri di preghiera.
Nella Lussuria due coppie di amanti banchettano sotto un tendone rosato, rallegrate da buffoni.
Nella Superbia infine si vede una donna di spalle intenta a provarsi un'acconciatura, mentre un diavolo le regge lo specchio.
Interessante è notare la varietà di separatori tra una scena e l'altra, ora fatti come colonnine, ora come pareti di edifici, magari anche con finestre che legano una scena all'altra, come nel caso di Accidia/Lussuria.
Sui cartigli in alto e in basso si leggono testi biblici in latino: in alto «Gens absque consilio est et sine prudentia / utinam saperent et intelligerent ac novissima providerent» («È un popolo privo di discernimento e di senno; o, se fossero saggi e chiaroveggenti, si occuperebbero di ciò che li aspetta») e in basso «Nascondam faciem meam ab eis considerabo novissima eorum» («Io nasconderò il mio volto davanti a loro e considererò quale sarà la loro fine»).
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