La grande tela intitolata La Trinità che incorona la Vergine, opera di Giovan Battista Moroni si trova nella chiesa di sant'Alessandro della Croce, nella parte bassa della città di Bergamo, in via Pignolo, sulla controfacciata, sopra il portone di entrata della chiesa, in una posizione poco visibile.
La Trinità che incorona la Vergine | |
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Autore | Giovan Battista Moroni |
Data | 1576 |
Tecnica | olio su tavola |
Dimensioni | 291,5×470,5 cm |
Ubicazione | Chiesa di Sant'Alessandro della Croce, Bergamo |
Non è presente negli archivi una documentata storiografia del dipinto che venne realizzato nel 1576, la sua posizione poco privilegiata. essendo posto sulla contro-facciata della chiesa di sant'Alessandro della Croce e la sua riduzione delle misure lo hanno posto di difficile attenzione e studio. L'intervento di restauro eseguito nel 2008 ha rinvenuto e ridato i colori originali della tela come pure la sua storia.
La tela non era destina alla locazione attuale, ma per la piccola chiesa della Santissima Trinità, posta vicina alla chiesa di Santo Spirito[1] sede di due confraternite, quella dei bianchi della Maddalena, e dei Rossi della Trinità, confraternite entrambe soppresse durante l'occupazione napoleonica nel 1801, e chiesa adibita a magazzino militare, svuotata dagli arredi e demolita nel secolo successivo (1919), ne rimangono a testimonianza alcune fotografie e qualche guida descrittiva che consentono di localizzare la sua primitiva posizione.
L'Angelini fa una descrizione della chiesa nel suo Bergamo descritto. Sulla facciata principale aveva tre aperture d'accesso precedute da un protiro ad arco retto da colonne e l'interno è descritto ricco di pitture e di stucchi. Il presbiterio presenta tre cappelle di cui quella centrale, con l'altare maggiore, di più grandi dimensioni. Sopra il presbiterio si trovava la sala riunione dei disciplini, e proprio sul muro che divideva i due locali era posizionata la grande tela quadro grande del Morone. Nella chiesa erano presenti più dipinti del Lotto la Trinità, una Madonna allattante e una Pietà, così come opere di altri artisti di cui molte andate perse[2].
La chiesa venne acquisita dall'autorità cittadina dopo la soppressione della confraternita durante il periodo napoleonico e il dipinto venne comprato dal curato Giovanni Battista Conti, che voleva trattenere a Bergamo le opere delle chiese soppresse che altrimenti sarebbero finite alla Brera di Milano, e trasferito, con altre opere d'arte, nella chiesa di sant'Alessandro alla Croce, anche se questa tela, forse per le sue dimensioni, non risulta presente nell'elenco delle opere acquisite all'asta e presenti nell'elenco di quelle recuperate dal curato e neppure sul retro vi sono poste le sue iniziali, forse le tela venne destinata da subito alla sua posizione che dal 1809 è la chiesa di sant'Alessandro della croce[3].
La tela venne quindi riadattata alla nuova posizione rimuovendo la cornice del 1737, purtroppo facendone perdere una parte, il restauro successivo avvenne solo nel 2008 con il contributo della fondazione Credito Bergamasco.
La tela si presenta mancante della sua parte inferiore, questo è evidente controllando la tela sul retro dove il telaio diviso in tre sezioni, risulta di misura inferiore di almeno 60 centimetri nella terza, probabile la parte dove Francesco Tassi nel suo Vite de' pittori, scultori e architetti bergamaschi documenta presente la firma IO.BAP. MORONUS MDLXXVI[4], il restauro del 2008 ha potuto recuperare i venti centimetri che erano ripiegati sul retro ridandone l'originario colore[5].
La parte mancante rappresentava un paesaggio e copriva un ruolo fondamentale nella composizione scenica, il Moroni riprodusse quella che era una incisione di Albrecht Dürer[6], cosa che il pittore aveva già fatto con altre sue opere, voleva rappresentare qualche cosa che fosse già conosciuto, qualche cosa che non suscitasse stupore ma famigliarità, anche se sicuramente il pittore, che vedeva presente nella chiesa la tela della Trinità del Lotto ne fece una rilettura delle sue opere, gli angeli che sollevano il pesante tendaggio aprendo la luce dorata il cielo dove è collocato il trio divino, ricordano la Pala di San Bernardino, lottesco è il gioco di luce e di ombre con questo gioco di putti che si confondono con le nubi, così come i tre angeli posti ai piedi della Vergine atti a compiere una melodia unica questa tra le rappresentazione del Moroni.
L'artista aveva preparare la tela con un colore di base grigio in alcuni punti visibile ad occhio nudo, alternando il colore successivo con parti rifinite e altre meno creando un movimento di colore, movimento che si vede anche nelle vesti con grandi pennellate veloci, putti svolazzanti dove ad alcuni è posto il perizoma sicuramente in una seconda lavorazione molto reali e credibili, compongono una scena naturalistica che contrasta con il grigio del fondo e il verde scuro del tendaggio sono il tono proprio della tela, della quale non vi è documentazione di schizzi preparatori e neppure la Riflettografia ha rilevato scarse tracce di disegno, ma è nello studio del colore la costruzione dell'opera[7].
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