Il Trionfo di Giuditta è un affresco di Luca Giordano eseguito tra il 1703 ed il 1704 sulla volta della cappella del Tesoro Nuovo della certosa di San Martino di Napoli.
Trionfo di Giuditta | |
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Autore | Luca Giordano |
Data | 1703-1704 |
Tecnica | affresco |
Ubicazione | Certosa di San Martino, Napoli |
L'opera si pone come uno dei capolavori più importanti del Giordano nonché come uno dei massimi punti raggiunti dalla pittura barocca in Italia.[1]
Il ciclo viene commissionato dai monaci certosini dopo il soggiorno del maestro napoletano in Spagna, dunque dopo i lavori ad affresco eseguiti nel monastero di San Lorenzo del Escorial.
La committenza fu di grande prestigio e anche ben remunerata tant'è che il Giordano fu ricompensato con 2000 ducati per la sua realizzazione, oltre che per le scene nelle lunette delle pareti della stessa cappella dove sono le rappresentazioni di Storie del Vecchio Testamento.
Il ciclo della scodella mostra la scena biblica del Trionfo di Giuditta in una composizione che riprendeva la maniera con cui aveva lavorato già prima alla galleria degli specchi del palazzo Medici Riccardi e poi all'Escorial di Madrid, cioè con una rappresentazione della scena ai bordi del cupolino che mostra una perfetta continuità delle figure e del racconto, questo suddiviso in quattro lati e intervallato agli angoli da quattro figure allegoriche femminili, il tutto che culmina al centro dello spazio in un turbinio di nuvole e angeli con la figura dell'Eterno. Le scene sui margini della scodella sono invece quelle della Giuditta trionfante con in mano la testa di Oloferne su un lato, su un altro è la raffigurazione di Oloferne ucciso, su un altro sono infine gli israeliti che fanno strage degli amalaciti.
Le caratteristiche della composizione, con colori intensi e luminosi e con un cospicuo numero di figure umane sfumate e in azioni concitate, mettono in evidenza lo stile dell'ultimo Giordano, quando viene superata l'influenza realistica caravaggesca e riberesca e viene assimilata invece quella veneta e in particolar modo quella "fiabesca" di Pietro da Cortona.
Eseguito il ciclo all'età di quasi settant'anni, di fatto si tratta dell'ultima opera eseguita dall'artista, elogiato sin da subito da artisti e guide locali divenendo un modello anche per le generazioni future, in particolare per Francesco De Mura e Francesco Solimena.
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