Attivo sia nella scultura funeraria che in quella decorativo-architettonica, la sua produzione iniziale fu riconducibile al gusto floreale alla Bistolfi, semplificandosi poi negli anni Venti.[2] Le sue opere si possono definire come una sorta di ricchezza materica spesso influenzata dal Deco e da influenze novecentiste.[3][4][5]
Esposizioni
Nel 1905 espose un bassorilievo in marmo alla mostra della Società delle Belle Arti di Firenze.[2] Nel 1916 presenziò alla Mostra annuale promossa dalla Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente a Milano con il bronzeo Benedetto XV.[6]
Fu incluso tra gli artisti presenti alla Certosa bolognese con opere riprodotte alla mostra allestita nel 2018.[7][8]
Opere
Realizzò monumenti dedicati ai Caduti della Grande guerra[9] tra cui quello a Sala Bolognese,[2][10][11] (messo in opera per la cerimonia del 22 aprile 1923[1]), a Formignana (inaugurato nel maggio 1925, il giorno 17 secondo Unione dei Comuni Terre e Fiumi[12]; il 24 secondo Mengoli),[13] Calderara di Reno[14] (inaugurato il 21 novembre 1926[1]) e Zola Predosa[15] (inaugurato 17 giugno 1923[1]).
Eseguì le targhe commemorative[16] dei funzionari postali site nell'atrio centrale delle Poste di Bologna[2][17] a ricordo dei dipendenti caduti nel 1922 durante il primo conflitto mondiale, rappresentando alcuni di loro intenti nelle telecomunicazioni sul campo di battaglia.[18]
Fu anche autore di medaglie, la cui produzione è al momento ancora da indagare: si conoscono quelle dedicate a Guglielmo Marconi (1926) e al Congresso internazionale di matematica (1928).[19][20]
Sculture per la famiglia Luigi Corsini, cimitero di Crevalcore
Sculture per la famiglia Giuseppe Zecchi, cimitero di San Giovanni in Persiceto
Allegoria del lavoro, cappella Francesco Boldrini, 1933 ca, Certosa di Ferrara[21]
Decorazione nell'arcata dedicata alle famiglie Cavalli-Badiali, cimitero di Vignola
Tomba di Claudio Patrignani, 1935 ca., Pontelagoscuro[21][22]
Alla Certosa di Bologna pose oltre sessanta opere che spaziano dal piccolo ritratto al gruppo monumentale, utilizzando dal bronzo al marmo, tra cui:[3]
Gli sono attribuite[34][35][36] le quattro figure allegoriche ad altorilievo poste sulla facciata del Padiglione Gozzadini del Policlinico Sant'Orsola, opere invece probabilmente realizzate da Tullo Golfarelli, essendovi nell'album fotografico di quest'ultimo le foto d'epoca di tre bozzetti su quattro delle opere.[37]
Ha collaborato alla realizzazione del Busto di Dante modellato in gesso decorato a similbronzo dall'antropologo Fabio Frassetto nel 1938 a seguito delle sue indagini eseguite sulle ossa del poeta nel 1921.[38][39][40][41][42]
Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente, Mostra annuale 1916, su docplayer.it, Milano, Tipografia Operai. URL consultato il 1º gennaio 2021.
Museo Dantesco (PDF), su museodantescowp.provincia.ra.it, Chiamato Antonio, p. 9, turismo.ra.it. URL consultato il 10 febbraio 2021 (archiviato dall'url originale il 26 febbraio 2021).
Lucio Scardino, Scultori bolognesi a Ferrara tra Otto e Novecento. In Il Carrobbio - Tradizioni problemi immagini dell'Emilia Romagna, Bologna, Pàtron editore, 2007 n. XXXIII, pp.133-134.
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