Bartolomeo Pinelli (Roma, 20 novembre 1781 – Roma, 1º aprile 1835) è stato un incisore, pittore e ceramista italiano.
Bartolomeo Pinelli
Artista grafico estremamente prolifico, secondo recenti stime avrebbe prodotto circa quattromila incisioni e diecimila disegni[1].
Nelle sue stampe ha illustrato i costumi dei popoli italiani, i grandi capolavori della letteratura (Virgilio, Dante, Tasso, Ariosto, Cervantes, Manzoni), e soggetti della storia romana, greca, napoleonica ecc. Il tema in generale più ricorrente è Roma, i suoi abitanti, i suoi monumenti, la città antica e quella a lui contemporanea. Ha avuto fra i propri allievi il noto ritrattista goriziano Giuseppe Tominz.
La sua opera di illustratore possiede, oltre all'intrinseco valore artistico, un rilevante significato documentario per l'etnografia di Roma, dell'Italia e della Svizzera[2]. Oltre al repertorio di immagini dedicate ai costumi romani ha illustrato numerosi libri, realizzando cicli ispirati a Iliade, Odissea, Eneide e alla mitologia greco-romana. Opere che maggiormente rivelano l'impronta del neoclassicismo.
Biografia
Busto commemorativo di B. Pinelli a TrastevereLa dea Roma ed il Re di Roma, Museo napoleonico di RomaAffresco nella Villa Villoresi di Sesto FiorentinoGiocatori di morraVera TrasteverinaRaccolta dei Costumi del Regno di Napoli: "Costume di Napoli"BagnantiFrontespizio della raccolta di 15 Costumi della Svizzera Piazza di S. Cosimato in TrastevereEnea e il dio Tiberino
Nacque a Roma il 20 novembre 1781, da Giovanni Battista e Francesca Gianfarani, in un edificio del rione di Trastevere oggi non più esistente, ma in corrispondenza del quale si trovano una lapide ed un busto bronzeo in suo onore.
Suo padre era un modellatore di statue devozionali, e lo avviò all'arte della manipolazione della ceramica. Tuttavia le sue capacità nel campo della figurazione si sarebbero esplicate soprattutto attraverso le tecniche dell'incisione, del disegno e della pittura. Si formò prima all'Accademia di Belle Arti di Bologna, città dove la famiglia si era trasferita nel 1792, e poi all'Accademia di San Luca a Roma, dove era tornato nel 1799. Nello stesso 1799 cominciò la collaborazione con Franz Kaisermann, per il quale dipinse le figure delle sue vedute all'acquerello. Nel frattempo diede inizio ai suoi studi, sbocciati poi (1807) nell'Album di trentasei acquerelli di Scene e Costumi di Roma e del Lazio.
Quanto al suo aspetto fisico e alle sue abitudini comportamentali, così scrisse di lui un contemporaneo:
«Fu Bartolomeo Pinelli di media statura, di fisonomia e di portamento vivaci; portò folta la capigliatura che a lunghi boccoli gli incorniciava il viso e gli scendeva inanellata dinanzi [...]; i tratti del viso ebbe marcati, ma regolari, e non portò che i piccoli mustacchi come appare anche nel suo busto che fu posto al Pincio. Di costumi fu bizzarro, amante anche troppo dello scherzo. Vestì negligentemente a modo del popolo e lo si vide sempre girare per Roma accompagnato da due grandi mastini e munito di mazza che aveva per pomo una figura di bronzo. Era facile all'ira quantunque fosse di consueto allegro e faceto; fu scettico [leggi: ateo] come molti degli uomini di ingegno del suo tempo e fu patriota a suo modo, cioè innamorato di Roma antica, nella quale concentrò tutti i suoi affetti»
(David Silvagni, La corte e la società romana nei secoli XVII e XIX, Roma, Forzani & C. Tipografi del Senato, 1881-4, voll. 3, vol. III, p. 395)
Del 1809 è la sua prima serie di incisioni dal titolo Raccolta di cinquanta costumi pittoreschi incisi all'acquaforte. Fu probabilmente nello stesso anno che contrasse il matrimonio con Mariangela Gatti, avvenuto con rito repubblicano e dal quale nacquero una figlia femmina, forse morta in giovane età e di cui non si conoscono nemmeno gli estremi anagrafici, e un maschio, Achille. Nel 1816 realizzò le illustrazioni per la Storia Romana e nel 1821 quelle per la Storia Greca. Tra il 1822 e il 1823 realizzò le cinquantadue tavole per il Meo Patacca. Il 25 agosto 1834, per la sua indifferenza al precetto pasquale, ricevette con disprezzo l'interdetto.
Morì povero il 1º aprile del 1835, lasciando incompleta l'illustrazione del Maggio romanesco di Giovanni Camillo Peresio.
La morte der zor Meo
Pochi giorni dopo Giuseppe Gioachino Belli scrisse il seguente sonetto:
Oreste Raggi, nel suo libretto scritto il 1835, l'anno stesso della morte dell'artista, cita oltre a moltissimi disegni ed acquerelli circa 40 raccolte di stampe, pubblicate a Roma con una decina di editori diversi.
Tra queste:
Raccolta di Costumi di Roma (1809) - 50 rami
Altra raccolta di Costumi di Roma (?) - 50 rami
Il carnevale di Roma (?) - "un rame solo"
Istoria Romana - 101 stampe (editore Giovanni Scudellari)
La storia degli Imperatori, cominciando da Ottavio - 101 stampe (editore Giovanni Scudellari)
Dante, Inferno, Purgatorio e Paradiso - 145 stampe (editore Giovanni Scudellari)
Costumi della Campagna Romana (1823) - 50 rami (editore Giovanni Scudellari)
Il Tasso - La Gerusalemme Liberata - 72 stampe (editore Giovanni Scudellari)
L'Ariosto - L'Orlando Furioso - 100 stampe (editore Giovanni Scudellari)
Eneidi (sic) di Virgilio - 50 rami (editore Luigi Fabri)
Raccolta di costumi antichi
Istoria Greca - rami 100
Costumi del Regno di Napoli - 50 rami - (1828) (editore Giovanni Scudellari)
Meo Patacca - 50 rami
Raccolta di quindici costumi li più interessanti della Svizzera (1813) - 16 rami (editore Luigi Fabri)
Bartolomeo Pinelli nei musei
Elenco dei musei ed enti che espongono opere dell'artista:
Gabinetto delle Stampe, Dresda
Gabinetto delle Stampe, Parigi
Galleria Nazionale d'Arte Moderna, Roma
Musei Capitolini, Roma
Museo del vino, Torgiano (PG)
Museo di Roma, Palazzo Braschi, Roma
Museo di Roma in Trastevere, Roma
Museo Illustrazione Ragazzi, Jesi (AN)
Museo Casa Natale di Michelangelo Buonarroti, Caprese Michelangelo (AR)
"L'importanza di Bartolomeo Pinelli (Roma 1781-1835) come illustratore del costume popolare, dal 1809 per oltre vent'anni, è oggettivamente rilevante anche sul versante etnografico, per la gran mole di incisioni prodotte e per la puntuale e particolareggiata documentazione degli abiti e degli oggetti d'uso" in "Lares", 2003, v. 69, num. 1-2, p. 318.
N.B.: Le note sono quelle autografe dello stesso Giuseppe Gioachino Belli.
Mento
Bartolomeo Pinelli, nativo di Trastevere, incisore, pittore e scultore, morì il primo giorno di aprile 1835, nella età di anni cinquantaquattro. Nella sera precedente, aveva presa all'osteria la sua ultima ubbriacatura.
Boccale. [di vino]
Alcuni del popolo credono che il medico di Pinelli fosse costui, noto in sua gioventù per poesie romanesche che andava recitando per gli spedali in occasione di pubbliche dimostrazioni anatomiche degli studenti di chirurgia: ma fu realmente un dottor Gregorio Riccardi.
A torcere il grifo in aria di dubitazione.
Masticarla male, in senso di "presagire male."
Coloro che convogliano i morti alla sepoltura.
Per far tempone.
Il Gabbione, nome della osteria dove il Pinelli consumava tutti i suoi guadagni mangiando e bevendo e dando a bere e mangiare. Havvi su la insegna di una gabbia con merlo.
Torrone, nome dell'oste.
Il paolo era pari a mezza lira romana o 10 baiocchi. Questa non è una nota di Giuseppe Gioachino Belli.
Circostanza storica. Il funerale fu fatto con largizioni spontanee di alcuni ammiratori della di lui eccellenza nell'arte. Molti artisti, vestiti a lutto, e quali con torchi, quali con ramuscelli di cipresso in mano, lo accompagnarono alla tomba nella chiesa dei SS. Vincenzo ed Anastasio a Trevi.
Nel giorno di san Bartolomeo dell'anno 1834, il nome del nostro Bartolomeo Pinelli fu pubblicato in S. Bartolomeo all'Isola Tiberina sulla lista degli interdetti per inadempimento al precetto pasquale. Avendovi egli letto essergli attribuita la qualifica di miniatore, andò in sacristia ad avvertire che Bartolomeo Pinelli era incisore, onde si correggesse l'equivoco sull'identità della persona.
Alla intimazione de' sacramenti, volle l'infermo essere lasciato per qualche ora in pace, per riflettere, come egli disse, ai casi suoi. Il parroco lo compiacque, ma ritornato al letto di lui lo trovò in agonia! Si narra però che il moribondo corrispondesse ad una stretta di mano del prete. Questa circostanza deve aver fruttato al corpo la sepoltura ecclesiastica e all'anima la gloria del paradiso.
Si.
Bibliografia
Ceccarelli, Giuseppe (Ceccarius). La fine di Bartolomeo Pinelli (da documenti inediti). Roma, Soc. Nuova Antologia, 1928.
Fagiolo, Maurizio e Marini, Maurizio (a cura di). Bartolomeo Pinelli (1781-1835) e il suo tempo. Catalogo della mostra tenuta a Roma nel 1983. Roma, Rondanini, 1983.
Pacini, Renato. Bartolomeo Pinelli e la Roma del tempo suo. Milano, fratelli Treves, 1935.
Raggi, Oreste. Cenni intorno alla vita e alle opere di Bartolomeo Pinelli. Roma, Tipografia Salvucci, 1835.
Rossetti, Bartolomeo. La Roma di Bartolomeo Pinelli: una città e il suo popolo attraverso feste, misteri, ambienti e personaggi caratteristici nelle più belle incisioni del pittor de Trastevere. Roma, Newton Compton, 1981.
Trastulli, Paolo Emilio. Bartolomeo Pinelli, in La campagna romana da Hackert a Balla, catalogo della mostra tenuta a Roma nel 2001-2002, a cura di Pier Andrea De Rosa e Paolo Emilio Trastulli, Roma, De Luca, 2001, pp.274 sgg.
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