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Dino Buzzati Traverso (San Pellegrino di Belluno, 16 ottobre 1906 – Milano, 28 gennaio 1972) è stato uno scrittore, giornalista, pittore, drammaturgo, librettista, scenografo, costumista e poeta italiano. Fin da studente collaborò al Corriere della Sera come cronista, redattore e inviato speciale.

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Dino Buzzati Strega  1958
Dino Buzzati
Dino Buzzati Strega  1958 Strega 1958

Autore di un grande numero di romanzi e racconti surreali e fantastici, tanto da esser stato a più riprese definito il "Kafka italiano"[1], viene considerato, insieme a Italo Calvino, Tommaso Landolfi e Juan Rodolfo Wilcock, uno dei più grandi scrittori fantastici del Novecento italiano: il suo libro più noto è Il deserto dei Tartari, romanzo del 1940.


Biografia


La famiglia Buzzati Traverso

Della famiglia Buzzati Traverso si hanno dettagliate notizie grazie alle ricerche di Luigi Alpago Novello, storico bellunese, nonché amico del padre di Dino. I Buzzati avevano lontane origini ungheresi, in quanto i loro antenati si erano stabiliti a Bribano, paese non troppo distante da Belluno, per sfuggire a un'epidemia scoppiata a Budapest nel Quattrocento. Qui furono detti Budàt ("da Buda") ma successivamente, per influsso del dialetto bellunese, divennero Buzat e infine Buzzati. Per generazioni i membri della famiglia furono artigiani del ferro e si specializzarono nella produzione di armi e utensili, specialmente seghe (come testimoniato dallo stemma, raffigurante la lama di una sega). Il primo membro degno di nota fu Girolamo Brandimarte (1737-1817) che si trasferì a Belluno dove svolse la professione di notaio. Nel 1870 la famiglia acquistò la villa di San Pellegrino. Il secondo cognome fu aggiunto in tempi più recenti (1917) per disposizione testamentaria del conte Cesare Traverso, il quale aveva adottato la nonna paterna di Dino, Angelina Rossi, rimasta orfana[2][3][4][3].


Infanzia e studi


Dino[5] Buzzati Traverso[6] nacque presso la villa di famiglia di San Pellegrino, una località alle porte della città di Belluno, il 16 ottobre 1906. Il padre, Giulio Cesare Buzzati (1862-1920), era un celebre giurista appartenente a un'illustre famiglia bellunese di remote origini ungheresi, mentre la madre, Alba Mantovani (1871-1961), veneziana, era la figlia del medico Pietro Mantovani e della nobildonna Matilde Badoer[3][4]. È il terzogenito di quattro fratelli: Augusto Buzzati (1903-?), che diverrà ingegnere, Angelina Buzzati (1904-2004) e Adriano Buzzati Traverso (1913-1983), biologo genetista.

La famiglia Buzzati trascorre le estati nella villa di Belluno e il resto dell'anno a Milano, dove il padre — docente di diritto internazionale — lavora alla neonata Università commerciale Luigi Bocconi, dividendosi tra questa e l'insegnamento alla più antica Università di Pavia. La villa di famiglia e la biblioteca furono fondamentali nella formazione dello scrittore. Nei primi anni della sua infanzia lo scrittore mostra una grande attenzione e sensibilità per le arti figurative e per la musica, imparando a suonare a dodici anni il pianoforte e il violino, abbandonando però in seguito gli studi. Connaturato alla crescita di Buzzati è anche l'amore per la montagna, che lo porterà a scalare e a sognare le montagne per tutta la vita.

Dopo i primi anni, e dopo la morte del padre, a quattordici anni, Buzzati s'iscrive al liceo classico Giuseppe Parini di Milano, dove conosce Arturo Brambilla; i due stringono amicizia e si cimentano anche in duelli di scrittura. Con lui inizierà una fitta corrispondenza che continuerà sino alla prematura morte di Brambilla[7]. In questi anni Buzzati scopre l'interesse per la cultura egizia (nelle lettere con Brambilla si firmerà a lungo Dinubis) e per Arthur Rackham. Terminati gli studi superiori, Buzzati inizia a mostrare il desiderio di scrivere un romanzo. S'iscrive a giurisprudenza per assecondare la volontà della famiglia e il 10 ottobre 1928 si laurea con una tesi dal titolo La natura giuridica del Concordato.

Dino Buzzati fotografato in Via Solferino (Milano), sede del Corriere della Sera
Dino Buzzati fotografato in Via Solferino (Milano), sede del Corriere della Sera

Carriera giornalistica


Sempre nel 1928, a luglio, entra come praticante al Corriere della Sera, del quale diverrà in seguito redattore e infine inviato.

Il 27 marzo 1933 pubblica sul Corriere il suo primo elzeviro, Vita e amori del cavalier rospo. Il Falstaff della fauna, che non è gradito da alcune grandi firme del giornale. Nonostante ciò, Buzzati continuerà per tutta la sua vita a scrivere elzeviri originali e di alta qualità letteraria.

Tra il 1935 e il 1936 si occupa del supplemento mensile La Lettura. Incomincia soprattutto in questi anni a dedicarsi alla scrittura di racconti brevi, pubblicati anche sulle pagine del Corriere. Nel 1940, anno di uscita de Il deserto dei Tartari, è inviato di guerra ad Addis Abeba per il Corriere. Il giornalista è imbarcato su varie unità della Regia Marina italiana e scrive molte corrispondenze di guerra, che verranno raccolte nel 1992 nel volume Il buttafuoco: cronache di guerra sul mare.

Dal gennaio all'estate del 1942 Buzzati soggiorna in incognito a Messina, come inviato di guerra e operatore militare nella base della Marina di Marisicilia, con il compito di compilare un manuale tecnico "sulla nostra attuale guerra navale", un lavoro di "grande responsabilità e mole".[8] L'opera non verrà mai portata a termine.

Nel periodo della Repubblica Sociale Italiana prosegue la sua attività al Corriere della Sera, controllato dal regime. Il 26 aprile 1945 è suo l'editoriale di prima pagina Cronaca di ore memorabili, narrazione e commento dell'avvenuta Liberazione, il giorno precedente.

Dal 1945 sino alla morte scrive articoli di cronaca nera, il settore giornalistico che predilige[9]. I numerosi pezzi giornalistici dedicati da Buzzati agli omicidi e alle tragedie italiane (e non solo) saranno raccolti da Lorenzo Viganò e pubblicati nel 2002 in un cofanetto di due volumi dal titolo La «nera» di Dino Buzzati. Parallelamente alla cronaca nera si dedica alla cronaca bianca, alla cronaca sportiva (principalmente all'alpinismo e allo sci, come è testimoniato dai pezzi raccolti nel libro postumo I fuorilegge della montagna) e soprattutto alla Terza pagina.

Nel 1949 è inviato dal Corriere al seguito del Giro d'Italia, all'epoca la manifestazione sportiva più seguita nella penisola. Gli articoli scritti in quell'occasione saranno pubblicati in un libro postumo del 1981, Dino Buzzati al Giro d'Italia.

Dal 1950 al 1963 è vicedirettore della Domenica del Corriere. In realtà è un direttore ombra: è lui infatti a guidare i collaboratori del periodico e a occuparsi dell'impaginazione, della grafica, dei titoli, degli argomenti da trattare (sport, cinema, musica leggera, TV, politica)[10]. Nelle sue mani il settimanale incrementa eccezionalmente le vendite, sfiorando non poche volte il milione di copie. Come Giorgio Bocca, sostenne la tesi della catastrofe naturale per il disastro del Vajont.[11]

Nei primi anni sessanta è inviato del giornale per brevi periodi in Giappone, a Gerusalemme, a New York e Washington, in India, a Praga. Alcuni degli articoli scritti durante questi viaggi[12] saranno inclusi in Cronache terrestri, una raccolta di un centinaio di brani giornalistici di vario genere (cronaca, sport, cultura, società), pubblicata poco dopo la morte dell'autore. Quelli scritti in occasione del viaggio di Paolo VI a Gerusalemme verranno raccolti invece in Con il papa in Terrasanta (2014).

Nello stesso periodo inizia a occuparsi stabilmente d'arte, fino ad assumere nel 1967 l'incarico di critico d'arte del Corriere (anche se, per sua stessa ammissione, le sue non sono vere e proprie critiche, bensì resoconti sulle principali novità artistiche, narrate con una lingua semplice e priva di tecnicismi[13]).

Nel 1965 Buzzati scrive una serie di articoli dal titolo In cerca dell'Italia misteriosa, nei quali si occupa di eventi all'apparenza paranormali, visioni, apparizioni e fatti di spiritismo dell'Italia del dopoguerra. I dieci articoli e altri scritti dello stesso genere verranno raccolti nel volume I misteri d'Italia, uscito postumo nel 1978.

L'attività giornalistica di Buzzati verrà apprezzata soprattutto dopo la sua morte, con la pubblicazione di numerose antologie dedicate alle varie tipologie del suo giornalismo. La principale caratteristica dei suoi servizi ed elzeviri è sicuramente quella di trasformare dei semplici fatti di cronaca in racconti fantastici e poetici, dando vita a un sapiente connubio tra giornalismo e letteratura[14].

Francobollo emesso nel 2006 che ne celebra il centenario della nascita
Francobollo emesso nel 2006 che ne celebra il centenario della nascita

Carriera letteraria


Nel 1933 esce il suo primo romanzo, Bàrnabo delle montagne, al quale segue dopo due anni Il segreto del Bosco Vecchio. Da entrambe le opere saranno tratti film per opera di registi italiani: il primo girato da Mario Brenta nel 1994, il secondo da Ermanno Olmi nel 1993. Alla fine degli anni trenta Buzzati inizia a pubblicare racconti fantastici e surreali sul Corriere e su altre testate giornalistiche. Il 9 giugno 1940 Buzzati pubblica il suo più grande successo, Il deserto dei Tartari, scritto l'anno precedente (il titolo originale doveva essere La fortezza, poi cambiato su suggerimento di Leo Longanesi, che lo pubblica da Rizzoli[15]), dal quale nel 1976 Valerio Zurlini trarrà il film omonimo. Nel 1949 il romanzo esce in Francia e riscuote un lusinghiero successo.

Nel 1942 Buzzati pubblica I sette messaggeri, volume che raccoglie i suoi migliori racconti, usciti negli anni precedenti su varie riviste e giornali. Negli anni seguenti lo scrittore pubblicherà prevalentemente raccolte di racconti fantastici: del 1949 è Paura alla Scala e del 1954 Il crollo della Baliverna. Da queste prime tre raccolte Buzzati estrarrà i racconti più rappresentativi e, insieme ad altri testi, li pubblicherà nel volume Sessanta racconti (1958), che vincerà il Premio Strega. Sempre nel 1958 pubblica Esperimento di magia. 18 racconti. Non mancano in questo periodo pubblicazioni di altro genere: un romanzo per bambini illustrato dallo stesso autore (La famosa invasione degli orsi in Sicilia, 1945), una raccolta di racconti e riflessioni brevissime (In quel preciso momento, 1950), un libro di valutazioni satiriche (Egregio signore, siamo spiacenti di…, 1960, con illustrazioni di Siné).

A cavallo tra gli anni quaranta e cinquanta inoltre Buzzati inizia a scrivere per il teatro, ideando drammi, commedie, farse e monologhi: del 1953 è il suo unico vero successo in questo campo, Un caso clinico, commedia tratta dal racconto Sette piani e riproposta qualche anno dopo anche al pubblico parigino nella traduzione di Albert Camus. Le opere successive non riscuoteranno un effettivo successo di pubblico ma risultano degli ottimi testi, in grado di mostrarci le varie sfumature della poetica dell'autore, in questo caso prevalentemente satirica: Drammatica fine di un noto musicista (1955), Sola in casa (1958), Un verme al Ministero (1960), I suggeritori (1960), La colonna infame (1962) e altri.

Nel 1960 Buzzati torna alla forma del romanzo e pubblica Il grande ritratto, che riscuote molto successo dal punto di vista tematico, meno da quello letterario: viene affrontato il tema della femminilità, novità rispetto alle tematiche affrontate fino ad allora dall'autore. Esso anticipa il più famoso Un amore (1963), incentrato su una tormentata storia sentimentale, nella quale si riconoscono alcune vicende autobiografiche dello scrittore. Dal romanzo verrà tratto l'omonimo film (1965) di Gianni Vernuccio.

Nel 1965 il narratore pubblica le sue uniche opere poetiche: Il capitano Pic e altre poesie, Scusi, da che parte per Piazza del Duomo? e Tre colpi alla porta. Le ultime due saranno raccolte due anni dopo in Due poemetti di Neri Pozza editore, l'intera produzione poetica nel 1982. Questi componimenti dimostrano l'estrema versatilità letteraria di Buzzati, che trova nella poesia e nel verso libero un mezzo per esprimere le sue consuete tematiche in maniera del tutto originale.

Nel 1966, dopo otto anni, esce una nuova raccolta di racconti, Il colombre e altri cinquanta racconti, seguita due anni dopo da La boutique del mistero, che raccoglie trentuno storie estrapolate da tutte le precedenti raccolte: è chiara l'intenzione di Buzzati di raccogliere il meglio della sua produzione novellistica.

Le ultime opere dello scrittore bellunese sono il discusso e celebre Poema a fumetti (1969), a seguito del quale gli è conferito il prestigioso premio Amelia 1970[16], opera a metà tra un romanzo e un fumetto, che rielabora il mito di Orfeo ed Euridice in chiave pop, Le notti difficili (1971), una raccolta di racconti ed elzeviri incentrati sulla morte, e I miracoli di Val Morel (1971), una raccolta di dipinti e brevi commenti imperniati su dei finti miracoli, che nell'invenzione dell'autore sarebbero stati attribuiti a santa Rita dalla tradizione popolare e ispirati alla località di Valmorel di Limana.

Numerose sono le opere postume, che raccolgono per lo più racconti mai pubblicati in volume durante la vita dell'autore ed estratti dalle copie originali del Corriere e di altre testate, tra cui Il reggimento parte all'alba (1985), Lo strano Natale di Mr. Scrooge e altre storie (1990), Bestiario (1991), Le cronache fantastiche di Dino Buzzati (2003), Il panettone non bastò (2004), I fuorilegge della montagna (2010) e Il bestiario di Dino Buzzati (2015). Sono stati editi inoltre dei libri che assemblano opere già pubblicate da Buzzati durante la sua vita: Romanzi e racconti (1975), 180 racconti (1982), Le poesie (1982), Teatro (1985, accresciuto nel 2006), Il meglio dei racconti (1990), Opere scelte (1998), I capolavori di Dino Buzzati (2005).

Tra le principali opere biografiche e critiche dedicate alla vita, alle opere e alla poetica di Buzzati Dino Buzzati (1967) di Fausto Gianfranceschi, prima monografia dedicata all'autore, Dino Buzzati: un autoritratto (1973), un libro-intervista prodotto da Yves Panafieu sulla base di alcuni incontri con lo scrittore poco prima della sua morte, Guida alla lettura di Buzzati (1987) di C. Toscani, Il pianeta Buzzati (1992) a cura di N. Giannetto, Dio che non esisti ti prego. Dino Buzzati, la fatica di credere (2006) di L. Bellaspiga e Album Buzzati (2006), un'opera biografica a cura di Lorenzo Viganò, ricca di fotografie in parte inedite. Vi sono poi le introduzioni e i commenti alle opere di Buzzati, firmati perlopiù da Lorenzo Viganò, maggiore studioso dell'opera dello scrittore bellunese, ma anche da Indro Montanelli, amico stretto dello scrittore, Guido Davico Bonino, Vittorio Caratozzolo, Giulio Carnazzi, Carmen Covito, Oreste Del Buono, Franco Di Bella, Fausto Gianfranceschi, Giuliano Gramigna, Domenico Manzella, Ettore Mazzali, Claudio Marabini, Giulio Nascimbeni, Guido Piovene, Domenico Porzio, Federico Roncoroni, Alberico Sala, Claudio Toscani e Maurizio Vitta.

Un dipinto di Buzzati: La stanza (1968, olio su tela, 70x45). Il quadro è suddiviso in vari riquadri che corrispondono ai vari momenti della narrazione.
Un dipinto di Buzzati: La stanza (1968, olio su tela, 70x45). Il quadro è suddiviso in vari riquadri che corrispondono ai vari momenti della narrazione.

Carriera artistica


Più che uno svago la pittura fu per Dino Buzzati un secondo mestiere, tanto che arrivò a dichiarare: «Sono un pittore il quale, per hobby, durante un periodo purtroppo alquanto prolungato, ha fatto anche lo scrittore e il giornalista»[17]. Le opere pittoriche di Buzzati sono fortemente legate alle atmosfere e alle situazioni dei suoi romanzi e dei suoi racconti: lo stesso autore definì i suoi quadri "storie dipinte", sottolineando con questa espressione la forte carica narrativa delle tele, che spesso presentano scritte fumettistiche o sono divise, proprio come la pagina di un fumetto, in vari riquadri, ognuno dei quali sta a rappresentare un "momento" dell'azione.

Già da bambino Dino disegna molto, soprattutto le sue amate montagne, ma anche soggetti fantastici. Negli anni venti e trenta dipinge alcune tele (Romantica, Il lampione, Primo amore), ma l'occasione di mostrare al pubblico le sue qualità di disegnatore arriva solo nel 1945, quando produce per il romanzo La famosa invasione degli orsi in Sicilia numerosi disegni colorati. È nel 1952 però che dipinge il suo quadro più famoso, Piazza del Duomo di Milano, nel quale il Duomo è raffigurato come una montagna dolomitica con guglie e pinnacoli, circondata da pascoli verdi[18].

L'attività pittorica di Buzzati diventa rilevante a partire dal 1957, anno in cui inizia a produrre con regolarità numerosi dipinti e disegni di vario genere. Le tematiche dei suoi primi dipinti sono quelle tipiche delle altre opere, soprattutto dei racconti (il fantastico, il destino, l'attesa, il mistero), e lo stile richiama al simbolismo, alle illustrazioni di Arthur Rackham, alla pittura metafisica di De Chirico e al surrealismo[19]. A questa prima fase appartengono Una fine del mondo (1957), Duello notturno (1957), Toc, toc (1957), Gli apriranno? (1958), Adieu (1958) e molti altri dipinti.

Negli anni sessanta Buzzati inizia a sostituire le precedenti tematiche con nuovi argomenti, come la sessualità e il delitto, e nuovi stili, che ricordano il fumetto nero italiano e la pop art. A queste novità si rifanno dipinti quali Il delitto di via Calumi (1962), La vampira (1965), Il circo Kroll (1965), Escalation (1966), Diabolik (1967), Laide (1967), L'urlo (1967), Un utile indirizzo (1968), ecc. Buzzati tuttavia non abbandona le precedenti tematiche: opere come Miraggio (1966), Il Babau (1967), Il vicario di Stinfeld (1967), Gli amici di mezzanotte (1967) ci mostrano personaggi e creature fantastiche, colori più freddi, che richiamano alle atmosfere immaginarie tipiche delle prime opere dello scrittore bellunese.

Le tematiche dell'erotismo, del delitto, della morte e degli sfondi pop ritornano nelle 208 tavole a colori del Poema a fumetti, un'opera singolare che rielabora il mito di Orfeo ed Euridice in chiave moderna. Il volume, edito da Mondadori, esce nel 1969, vende benissimo e nel 1970 vince il premio Paese Sera. La critica, anziché dare un giudizio netto, è piuttosto spaesata[20]: il connubio tra letteratura e pittura che opera Buzzati, il forte erotismo e lo stile moderno appaiono ai più bizzarri e incompatibili con la precedente produzione dello scrittore. L'opera è considerata la prima graphic novel italiana e tra le prime nel panorama mondiale.

L'ultimo libro pubblicato dall'autore è I miracoli di Val Morel (1971), una raccolta di dipinti, accompagnati da brevi didascalie, che raffigurano degli immaginari ex voto compiuti nella finzione letteraria da Santa Rita. I dipinti rappresentano la summa dell'intera opera di Buzzati, poiché riprendono e ampliano tutte le tematiche da lui affrontate nel corso della carriera di romanziere e pittore: il destino, il fantastico, l'ironia, l'amore, la perversione, il delitto. L'opera verrà ristampata soltanto nel 2012.

Tra le opere postume dell'autore dedicate alla pittura il Catalogo dell'opera pittorica (2006) a cura di Nicoletta Comar, il più completo catalogo dei quadri di Buzzati, e Le storie dipinte (2013) a cura di Lorenzo Viganò, che include la riproduzione di cinquantatré dipinti narrativi, accompagnati da brevi didascalie.


Altre attività


Accanto all'attività di scrittore, giornalista e pittore, Buzzati si dedicò alla musica operistica, dando vita a un sodalizio con il compositore e direttore di orchestra Luciano Chailly, per il quale scrisse quattro libretti. Curò personalmente le scenografie delle sue opere teatrali e dei drammi d'opera e lavorò come scenografo e costumista anche per opere non sue, come i balletti Jeu de cartes di Igor' Fëdorovič Stravinskij e Fantasmi al Grand Hotel di Luciano Chailly. A questa attività dello scrittore bellunese sono dedicati i cataloghi Maccari e Buzzati al Teatro alla Scala, mostra sesta a cura e con saggio di Giulio Carlo Argan (1990) e Buzzati alla Scala (2006) a cura di Vittoria Crespi Morbio.

Un'altra passione di Buzzati è stata quella dell'alpinismo e in particolare delle scalate su roccia. Molte sono le vie di roccia, anche difficili, da lui percorse sulle Dolomiti, spesso accompagnato da famose guide alpine divenute nel tempo suoi intimi amici (come Gabriele Franceschini)[18]. Le zone da lui più frequentate erano le Pale di San Martino e la Croda da Lago, a cui era particolarmente affezionato. Per quasi tutta la sua vita ha dedicato a questa attività il mese di vacanza in settembre, che trascorreva nella casa di famiglia a San Pellegrino di Belluno. Il suo amore per le montagne e per le scalate era tale che più volte ha raccontato e scritto che quasi tutte le notti a Milano sognava di arrampicare. Testimonianza della sua passione per la montagna è il cofanetto di due volumi I fuorilegge della montagna, pubblicato nel 2010 a cura di Lorenzo Viganò, che raccoglie articoli e racconti dedicati alle sue amate Dolomiti, all'alpinismo, a famosi scalatori e allo sci.

Nel campo artistico Buzzati, oltre a cimentarsi lui stesso nella produzione di dipinti, disegni e bozzetti, si occupa, soprattutto nell'ultimo decennio della sua vita, di critica e rassegna artistica. Negli anni 1960 viene nominato critico d'arte del Corriere della Sera, testata sulla quale pubblicherà centinaia di articoli, dedicati a svariate mostre, correnti e artisti (la pop art, Bacon, Klein). Alla tradizionale critica, con la quale il critico d'arte si poneva in una posizione di importanza e superiorità rispetto al lettore e lanciava accuse di qua e di là, Buzzati ne preferisce una più informale, che presenta al lettore le novità artistiche e le mostre pittoriche senza inserire negli articoli pretenziosi giudizi.

Interessanti anche le esperienze come sceneggiatore, che lo videro collaborare con Federico Fellini alla stesura de Il Viaggio di G. Mastorna, il progetto che il regista inseguì tutta la vita, e che non ebbe mai luce.

Sceneggiò inoltre Il pianeta acciaio[21] di Emilio Marsili (1962), raffinatissimo documentario sull'Italsider.


Matrimonio e morte


Buzzati si sposa nel dicembre del 1966 con la giovane Almerina Antoniazzi. Muore di tumore al pancreas alla clinica "La Madonnina" di Milano il 28 gennaio 1972 (ne era morto anche il padre nel 1920). Nell'estate del 2010 le sue ceneri sono state disperse sulla Croda da Lago, nelle amate Dolomiti.[22]


Poetica, temi e problematiche


Con un tono narrativo fiabesco, Buzzati affronta temi e sentimenti quali l'angoscia, la paura della morte, la magia e il mistero, la ricerca dell'assoluto e del trascendente, la disperata attesa di un'occasione di riscatto da un'esistenza mediocre (Le mura di Anagoor, Il cantiniere dell'Aga Khan, Il deserto dei Tartari), l'ineluttabilità del destino (I sette piani) spesso accompagnata dall'illusione (L'uomo che volle guarire).

Il grande protagonista dell'opera buzzatiana è il destino, onnipotente e imperscrutabile, spesso beffardo (come ne Il deserto dei Tartari). Perfino i rapporti amorosi sono letti con quest'ottica di imperscrutabilità (Un amore)[23]. La letteratura di Buzzati appartiene al genere fantastico con molteplici spunti, talvolta con vicinanze al surrealismo, l'orrore e alla fantascienza[24] (Il grande ritratto e alcuni racconti).

Momento centrale della sua narrativa è comunque Il deserto dei Tartari, nel quale il protagonista Giovanni Drogo, sottotenente di prima nomina, è mandato in una fortezza sperduta ai limiti del deserto, dove egli vive una sorta di iniziazione alla morte. La Fortezza Bastiani è un avamposto ai limiti dell'impero che si colloca in un contesto caratterizzato da una surreale assenza di definizioni spazio-temporali.

Il clima della Fortezza, coi suoi luoghi e le sue atmosfere sostanzialmente fuori del tempo e dello spazio, determina negli abitanti una specie di malattia psichica, una sorta di "morbo della Bastiani" che colpisce tutti. Drogo non tarda ad accorgersi che i giorni si snocciolano in una routine abitudinaria senza sbocchi e prospettive, in una ripetizione sterile di atti stereotipati. Gli spazi ristretti, le azioni limitate, la sua cameretta, l'ineliminabile stillicidio della cisterna, gli angoli e le scale, i suoni, le luci, le ombre, avevano fatto sì che egli incorporasse tutto ciò: «queste cose erano diventate sue».[25]

Dopo due anni di permanenza, a Giovanni Drogo pare che tutto sia rimasto uguale, immobile nei suoi rituali da caserma. Nulla è cambiato, tutto si ripete e la noia avanza e invade tutto con le sue regole spesso assurde, persino i sonni sono scanditi dalle regole. Si tratta di una sorta di incantesimo, in cui però permane sempre l'illusione di essere stato mandato lì "per sbaglio" e che a sua richiesta potrebbe essere trasferito altrove in qualsiasi momento.

Ma egli ha momenti in cui torna prepotente la voglia di andarsene, con la certezza di poterlo fare quando vorrà. Un giorno decide di lasciare la Bastiani e va dal medico per farsi fare un certificato da allegare alla domanda di trasferimento. Il medico gli dice:

«Tutti, caro figliolo, son venuti quassù per uno sbaglio [...]. Chi più chi meno, anche quelli che ci sono rimasti.[26]»

Mentre però il medico procede alla compilazione del certificato, Giovanni si accosta alla finestra e subisce una sorta di incantesimo. La fortezza gli appare improvvisamente grandiosa, immensa, con una sorta di sua perfezione geometrica, guerrieri immobili e bellissimi con le baionette inastate, poi trombe dai suoni squillanti e bellissimi. Rapidamente Drogo confronta tutto ciò con la città e se ne fa un'immagine di squallore e di piattezza, il cambiamento è repentino e la decisione stupefacente. All'«Ecco qua il certificato» del dottor Rovina egli risponde che non vuol più partire[27].

Questa scena rappresenta il momento di massima evidenza di quella malattia della Bastiani dalla quale Drogo è ormai contagiato. Tra le altre componenti, l'aspetto più rilevante di tale malattia è "l'attesa". Si attende l'invasione dei Tartari, ma nessun elemento oggettivo lascia pensare che essa avverrà mai. Drogo però a un certo momento si ammala veramente, nel fisico, di una malattia che lo consuma giorno per giorno e lo rende inabile, fino a diventare una larva umana ingombrante che dovrebbe lasciare la fortezza; egli tuttavia si oppone. Quando è ormai moribondo accade l'impensabile: i Tartari attaccano. È l'evento tanto atteso, ma è troppo tardi.


Lo stile kafkiano e le recensioni


Sebbene gli scritti di Buzzati siano stati categorizzati dalle recensioni contemporanee, erroneamente, come "novellette" fra la cronaca e la favola (lo stesso Buzzati, nel Viaggio agli inferni del secolo, confutava quest'ipotesi esclamando: "I critici si sa, una volta che hanno messo un'artista in una casella, ce ne vuole a farli cambiare parere"), l'autore fa ricorso frequente a elementi tradizionalmente magico-realistici.

I giudizi che lo indispettivano maggiormente erano quelli che lo accusavano di un'emulazione di Kafka[28]. A proposito di questo scrive:

«Da quando ho cominciato a scrivere, Kafka è stato la mia croce. Non c'è stato mio racconto, romanzo, commedia dove qualcuno non ravvisasse somiglianze, derivazioni, imitazioni o addirittura sfrontati plagi a spese dello scrittore boemo. Alcuni critici denunciavano colpevoli analogie anche quando spedivo un telegramma o compilavo un modulo Vanoni.»

Per fornire una risposta alle difficoltà e ai fraintendimenti che si affacciavano durante l'analisi stilistica di Buzzati, egli fece pubblicare la raccolta di aforismi Egregio signore siamo spiacenti di..., in modo da chiarire le proprie intenzioni. Più tardi si rivelò anche utile la pubblicazione dell'Opera completa di Bosch, in cui l'autore tenta di far comprendere al lettore il suo discorso etico.[29]


Dediche


A Buzzati sono stati dedicati:

Lo scrittore sudafricano J. M. Coetzee, premio Nobel nel 2003, si è ispirato alla trama de Il deserto dei Tartari per scrivere uno dei suoi capolavori, Aspettando i barbari, pubblicato nel 1980. Ancora oggi, grazie a un numero elevatissimo di traduzioni - in primis la Francia, dove, quasi avendolo eletto a loro autore, ne hanno pubblicato l'Opera omnia - Buzzati gode di un vasto riconoscimento in tutto il mondo.


Opere



Romanzi



Racconti e novelle[30]



Raccolte di opere



Raccolte postume


Scritti giornalistici



Poesia



Teatro



Libretti per musica



Cataloghi d'arte e altre opere grafiche



Altri scritti



Dipinti (elenco parziale)[36]



Filmografia



Film tratti da opere di Buzzati



Note


  1. Corriere della Sera - Parole in Viaggio, su www.corriere.it. URL consultato il 19 luglio 2022.
  2. Renata Asquer, La grande torre. Vita e morte di Dino Buzzati, Manni Editori, 2002, pp. 27-28.
  3. Lorenzo Viganò (a cura di), Album Buzzati, Mondadori, 2006, p. 13.
  4. Giovanna Ioli, Dino Buzzati, Mursia, 1988, p. 203.
  5. Il nome gli fu dato in ricordo dello zio materno, il letterato Dino Mantovani, noto per aver scritto una biografia di Ippolito Nievo.
  6. il secondo cognome Traverso verrà aggiunto nel 1917
  7. Lorenzo Viganò, L'"altro mondo" di Dino Buzzati, introduzione a Dino Buzzati, Le cronache fantastiche di Dino Buzzati, Mondadori, Milano, 2003, pp. XV-XVIII.
  8. Sul soggiorno nella città dello Stretto, dove si invaghì di una "donna del popolo" locale, si veda l'approfondito articolo di Sergio Di Giacomo, Dino Buzzati e quell'amore sbocciato a Messina, con una scheda letteraria Quel volto che ricordava Antonello e il brano di Un amore, in Gazzetta del Sud, Messina, 15 agosto 2012, p.31.
  9. Lorenzo Viganò, Buzzati: la vocazione per la «nera», introduzione a La «nera» di Dino Buzzati, Mondadori, Milano 2002
  10. La Domenica di Buzzati
  11. L'eco di Bergamo: Sabato 5 ottobre 2013
  12. Un provinciale in Giappone (novembre 1963), Due delitti a Tokio (novembre 1963), Chiamate a Tokio il numero 5131313 (novembre 1963), Perché l'India è diversa dagli altri paesi (gennaio 1965)
  13. Giulio Carnazzi, Introduzione a Dino Buzzati, Opere scelte, Mondadori, Milano, 1998, pp. XLV-XLVI.
  14. Claudio Toscani, Introduzione e Domenico Porzio, Prefazione alla prima edizione a Dino Buzzati, Cronache terrestri, Mondadori, Milano, 1995, pp. V-XVI.
  15. Alberto Papuzzi, «Dino Buzzati», La Stampa, 28 aprile 2010.
  16. Premi Amelia 1965-2005, a cura della "Tavola all'Amelia", prefazione di Sergio Perosa, Venezia-Mestre, 2006, pp. 46-49. Il premio gli fu conferito a Mestre, presso la "tavola" di Dino Boscarato.
  17. Dino Buzzati, Un equivoco in: Le storie dipinte, Milano, Mondadori, 2013, p.143
  18. Le Dolomiti, rifugio del cronista Buzzati, Le parole e gli occhi: l'Europa che ha emozionato scrittori, poeti e artisti, testo di Salvatore Giannella, foto di Vittorio Giannella
  19. Lorenzo Viganò, «Sono un pittore, ma nessuno mi crede», introduzione a Dino Buzzati, Le storie dipinte, cit., pp. 17-18
  20. Lorenzo Viganò, La discesa nell'Aldilà: l'ultimo libro di Dino Buzzati, introduzione a Dino Buzzati, Poema a fumetti, Mondadori, Milano 2009, p. XIX
  21. Il pianeta acciaio - Youtube
  22. Disperdere le ceneri ora si può: Buzzati tornerà sulle Dolomiti
  23. L'amore carnale per una città in un capolavoro dimenticato di Dino Buzzati
  24. Fausto Gianfranceschi, Dino Buzzati, Borla, 1967, pp. 63, 64.
  25. D. Buzzati, Il deserto dei Tartari, in: Opere scelte, Milano, Mondadori 1998, p.72
  26. Il deserto dei Tartari, cit., p. 66
  27. Il deserto dei Tartari, cit., pp. 67-69
  28. Chiara D'Alessandro, Dino Buzzati: il “Kafka” italiano, su Lo Sbuffo, 27 agosto 2022. URL consultato il 12 novembre 2022.
  29. Buzzati, Dino (1906-1972)., La fortuna (Informazioni sull'autore), in Il deserto dei Tartari, 2014, pp. XIII, ISBN 88-04-32703-0, OCLC 489878154. URL consultato il 1º dicembre 2020.
  30. Sono escluse dall'elenco le edizioni scolastiche e per ragazzi (L'uccisione del drago e altri racconti, Il deserto dei Tartari e dodici racconti, Il borghese stregato e altri racconti.)
  31. Premio Napoli di Narrativa 1954-2002, su premionapoli.it. URL consultato il 16 febbraio 2019.
  32. 1958, Dino Buzzati, su premiostrega.it. URL consultato il 14 aprile 2019.
  33. Contiene: Il deserto dei Tartari, Un amore, una scelta di racconti e la raccolta di poesie Scusi da che parte per piazza del Duomo?.
  34. Contiene: Il deserto dei Tartari, Un amore e Sessanta racconti.
  35. Carlo Maria Pensa, Dove mai arrivò nella Dominedò, in Radiocorriere TV, anno 36, n. 17, Edizioni Radio Italiana, 1959, p. 6.
  36. Sono esclusi dall'elenco i dipinti meno famosi e le tele de I miracoli di Val Morel

Bibliografia



Opere dedicate a Dino Buzzati



Discografia



Opere dedicate / ispirate a Dino Buzzati



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  1. RSI Radiotelevisione svizzera, Dino Buzzati, su rsi.ch. URL consultato il 21 aprile 2022.

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[en] Dino Buzzati

Dino Buzzati-Traverso (Italian pronunciation: [ˈdiːno butˈtsaːti]; 14 October 1906 – 28 January 1972) was an Italian novelist, short story writer, painter and poet, as well as a journalist for Corriere della Sera. His worldwide fame is mostly due to his novel The Tartar Steppe, although he is also known for his well-received collections of short stories.

[fr] Dino Buzzati

Dino Buzzati Traverso, connu sous le nom de Dino Buzzati, né le 16 octobre 1906 à San Pellegrino di Belluno en Vénétie, mort le 28 janvier 1972 à Milan, est un journaliste (au Corriere della Sera), peintre et écrivain italien dont l'œuvre la plus célèbre est le roman intitulé Le Désert des Tartares. De son métier de journaliste lui vient l'habitude de chercher des thèmes et des récits de la vie quotidienne et d'en faire ressortir l'aspect insolite, parfois fantastique.
- [it] Dino Buzzati

[ru] Буццати, Дино

Ди́но Буцца́ти Траверсо (итал. Dino Buzzati Traverso; 16 октября 1906, Сан-Пеллегрино-ди-Беллуно, область Венеция — 28 января 1972, Милан) — итальянский писатель, журналист и художник.



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