Edward Hopper (Nyack, 22 luglio 1882 – Manhattan, 15 maggio 1967) è stato un pittore e illustratore statunitense esponente del realismo americano famoso per i dipinti della solitudine nell'American way.
Edward Hopper nacque a Nyack, cittadina sul fiume Hudson nello stato di New York. I suoi genitori, Garret Henry ed Elizabeth Griffiths Smith, erano titolari di un negozio di tessuti e provenivano dalla media borghesia angloamericana[1]. Già dall'età di cinque anni Edward Hopper dimostrava una spiccata abilità nel disegno. I suoi genitori, scoperta questa dote, lo incoraggiarono facendogli leggere riviste e libri sull'arte. Nel 1895 dipinse il suo primo quadro, dove mostrava particolare interesse verso le navi e tutto ciò che è legato ad esse. Nel 1899 si iscrisse a un corso per corrispondenza presso la New York School of Illustrating.
Nel 1900 cominciò a frequentare la New York School of Art, diretta da William Merritt Chase, seguace dell'impressionismo europeo. Nell'istituto si trovò a fianco di altri futuri protagonisti della scena artistica americana dei primi anni cinquanta: Guy Pène dei Bois, Rockwell Kent, Eugene Speicher e George Bellows. Importante per la sua formazione e crescita fu il contatto con lo stesso William Merrit Chase, che lo avrebbe incitato a studiare, e con Robert Henri, titolare del suo corso di pittura, fautore del realismo e figura guida della Ashcan School, un gruppo di pittori che contestava il manierismo imperante all'inizio del secolo e sosteneva invece la trasposizione diretta della vita nelle strade sulla tela.
Di questi primi anni è un gruppo di autoritratti e ritratti, fra i quali quello dell'unica sorella Marion, dipinti a grosse pennellate su fondo scuro, in cui si avverte già il tentativo di esprimersi attraverso la luce.
Terminato il corso di studi, nel 1906 compì il suo primo viaggio a Parigi, prendendo alloggio alla Missione Battista in Rue de Lille, non lontano dal Louvre. Fu affascinato dalla pittura impressionista e dai poeti simbolisti. Tornato in patria, nel 1908 partecipò con un suo dipinto a una mostra collettiva organizzata nell'Upper East Side di Manhattan da Robert Henri per presentare le opere dei suoi allievi, ma i critici ignorarono il suo lavoro. Per mantenersi durante quel periodo, trovò lavoro come illustratore pubblicitario per la C. C. Phillips & Company. Questa occupazione costituì per lui fino al 1925 l'unica fonte di reddito.
A differenza di molti altri artisti americani, che come lui avevano esordito come illustratori, Hopper non gradiva quel tipo di lavoro. In un'intervista rilasciata nel 1935 al New York Post dichiarò: «Sono stato sempre molto attratto dall'architettura, ma i direttori dei giornali vogliono gente che muove le braccia». Se è vero che nelle sue opere mature il movimento o le interazioni tra i personaggi sono ridotte al minimo, è pur vero che l'esperienza acquisita come illustratore gli servì da stimolo a ricercare l'essenziale in pochi dettagli rivelatori.
Dopo Parigi, nel 1907 si recò in viaggio a Londra, Berlino e Bruxelles. Nel 1909 tornò a Parigi e vi rimase da marzo ad agosto, risiedendo nel Quartiere latino. La Senna che scorreva poco lontano e le numerose imbarcazioni che la solcavano gli diedero ispirazione per i quadri di ambiente parigino. Dipinse a Saint-Germain-des-Prés e a Fontainebleau facendo emergere dalla lezione impressionista uno stile personale e inconfondibile, formato da precise scelte espressive. Tornando in patria, portò con sé una collezione di disegni umoristici di Albert Guillaume e Jean-Louis Forain. Al contrario della maggior parte degli studenti d'arte americani, a Parigi non volle iscriversi all'École des Beaux Arts o frequentare l'atelier di un artista francese, ma preferì vagabondare per la città osservando, disegnando e poi dipingendo quello che vedeva, istituendo una consuetudine da cui non si sarebbe più staccato.
Durante il suo terzo e ultimo viaggio all'estero, a Parigi e in Spagna nel 1910, Hopper perfezionò il suo particolare e ricercato gioco di luci e ombre, la descrizione di interni, imparata da Degas, e il tema centrale della solitudine e dell'attesa. Mentre proprio in quegli anni in Europa prendevano piede il fauvismo, il cubismo e l'astrattismo (il suo soggiorno a Parigi del 1910 coincide con una delle prime mostre del periodo cubista di Pablo Picasso), Hopper veniva attratto per lo più dai lavori degli artisti della generazione precedente quali Manet, Pissarro, Monet, Sisley, Courbet, Daumier, Toulouse-Lautrec e dal più antico Goya.
I primi quadri del periodo parigino erano di piccole dimensioni, avevano colori cupi e prediligevano spazi angusti: cortili, sottoponti, trombe di scale, stradine. Successivamente, la tavolozza divenne più lieve, le composizioni rappresentavano spazi più aperti e soggetti come le chiuse dei canali, i rimorchiatori sulla Senna, il sole che si riflette sugli edifici.
Tornato stabilmente negli Stati Uniti, Hopper ebbe modo di esporre i lavori parigini in alcune mostre promosse dall'amico Guy Pène du Bois, ma senza successo. Pur rimanendo francofilo per tutto il resto della vita (oltre ad avere un'assoluta padronanza della lingua, Hopper amava leggere i classici della letteratura francese in versione originale), alla ricerca di uno stile autenticamente americano, abbandonò le nostalgie europee che lo avevano influenzato sino a quel momento e iniziò ad elaborare soggetti legati alla vita di tutti i giorni. Tra i soggetti che prediligeva vi erano soprattutto immagini urbane di New York, le scogliere e spiagge del vicino New England e dell'isola di Monhegan e i paesaggi di Gloucester (Massachusetts).
Realizzò anche alcuni dipinti durante un soggiorno in Messico.
Nel 1913 si tenne a New York l'Armory Show, la prima mostra che introduceva al pubblico degli Stati Uniti la pittura delle avanguardie europee. Hopper partecipò a questa mostra con il suo dipinto Sailing che fu venduto per 250 dollari. Qualche mese dopo la morte di suo padre, avvenuta nel settembre dello stesso anno a Nyack, Edward Hopper si trasferì all'ultimo piano del numero 3 di Washington Square, dove avrebbe lavorato e vissuto per tutto il resto della sua vita.
Dal 1915 abbandonò temporaneamente la pittura per perfezionarsi nella tecnica dell'incisione (di cui poi dirà che gli era stata utile per "cristallizzare" il suo stile pittorico), eseguendo puntesecche e acqueforti, grazie alle quali ottenne numerosi premi e riconoscimenti, anche dalla prestigiosa National Academy of Design.
Nel 1918 fu uno dei primi membri del Whitney Studio Club, il più vitale centro per gli artisti indipendenti americani dell'epoca. Proprio al Whitney Studio, nel 1920, tenne la sua prima mostra personale, dove fra gli altri lavori venne esposto Soir bleu. Il titolo del dipinto si ispira al primo verso di Sensation[2], poesia di Arthur Rimbaud che parla dei piaceri del vagabondaggio. Hopper mette in scena sulla terrazza di un café parigino un insieme di personaggi eterogenei: a destra una coppia di borghesi, a sinistra un protettore. Al centro, di spalle, un ufficiale, di profilo un personaggio barbuto, probabilmente un artista, di fronte un pierrot e sullo sfondo una prostituta. Questo lavoro segna in qualche modo l'addio all'atmosfera felice che aveva segnato i suoi soggiorni francesi e all'Europa che lo aveva fino ad allora ispirato. Fortemente criticata e perciò disconosciuta dall'autore, la tela, arrotolata e dimenticata, fu ritrovata nel suo studio solo dopo la sua morte ed è stata oggetto di un'attenta rivalutazione alla luce delle successive esperienze dell'artista e delle sue influenze europee.[3]
Nel 1924 alcuni suoi acquerelli furono esposti a Gloucester nella galleria di Frank Rehn. La fortuna critica e il successo di pubblico diedero una significativa svolta alla carriera di Hopper, che finora si era guadagnato da vivere come illustratore di riviste. In quello stesso anno Hopper sposò Josephine Verstille Nivison, anch'ella ex-studentessa di Robert Henri alla New York School of Art. Josephine fu l'unica modella per tutti i personaggi femminili che avrebbe dipinto da allora in poi. Il successo ottenuto con la mostra alla Rehn Gallery contribuì a fare di Hopper il caposcuola dei realisti che dipingevano la "scena americana". Nel 1925 la sua tela intitolata Apartment Houses venne acquistata dalla Pennsylvania Academy. Questo fu il suo primo lavoro a olio a entrare in una collezione pubblica e il primo quadro venduto dal 1913 in poi.
Nel 1930 la famosa Casa lungo la ferrovia (House by the railroad), che sarebbe servita ad Alfred Hitchcock come modello per la casa in stile "secondo impero americano" di Psyco[4], venne donata dal collezionista Stephen Carlton Clark al MoMA di New York, entrando a far parte della collezione permanente del museo. Dopo tre anni, lo stesso MoMA gli dedicò la prima retrospettiva. Nel 1934 Hopper acquistò una casa nei pressi di Truro, nella penisola di Cape Cod, dove da allora iniziò a passare regolarmente i mesi estivi.[5] Il paesaggio di Cape Cod, con le sue dune, case e fari, si ritrova in molti suoi dipinti. Il Whitney Museum of American Art gli dedicò la seconda retrospettiva nel 1950 e nel 1956 la rivista TIME gli rese omaggio con una copertina.
Hopper morì all'età di 84 anni nel suo studio nel centro di New York. Oggi è considerato uno dei grandi maestri americani, citato in qualche caso come precursore della Pop art.
Hopper utilizzò composizioni e tagli fotografici simili a quelli degli impressionisti che aveva visto dal vero a Parigi, ma di fatto il suo stile fu personalissimo e imitato a sua volta da cineasti e fotografi, quest'ultimi specialmente abituati allora alle lunghe esposizioni e confortati dalla resa delle lastre Autochrome, i cui bianchi pastello hanno corrispondenze con quelli dei quadri di Hopper. La sua evocativa vocazione artistica si rivolgeva sempre più verso un forte realismo, che risulta la sintesi della visione figurativa combinata con il sentimento struggente e poetico che Hopper percepiva nei suoi soggetti. Diceva: "non dipingo quello che vedo, ma quello che provo".
La pittura di Hopper predilige architetture nel paesaggio, strade di città, interni di case, di uffici, di teatri e di locali. Le immagini hanno colori brillanti ma non trasmettono vivacità, gli spazi sono reali ma in essi c'è qualcosa di metafisico - altro elemento di corrispondenza con le lunghe esposizioni fotografiche coeve - che comunica allo spettatore un forte senso di inquietudine. Non a caso André Breton, nel suo esilio a New York, lo accostava a Giorgio de Chirico in un'intervista pubblicata su View nel 1941. La composizione dei quadri è talora geometrizzante, sofisticato il gioco delle luci fredde, taglienti e volutamente "artificiali", sintetici i dettagli. La scena è spesso deserta, immersa nel silenzio; raramente vi è più di una figura umana, e quando ve ne è più di una, sembra emergere una drammatica estraneità e incomunicabilità tra i soggetti. La direzione dei loro sguardi o i loro atteggiamenti spesso "escono dal confine del quadro", nel senso che si rivolgono a qualcosa che lo spettatore non vede. Di lui è stato detto che sapeva "dipingere il silenzio".
Tra le sue opere più note vi è "I nottambuli", che racconta la solitudine di una notte a New York. Tre persone si raccolgono attorno al bancone di un bar, ognuna chiusa nella propria interiorità[6].
Particolare spazio nelle sue opere trovano le figure femminili. Cariche di significato simbolico, assorte nei loro pensieri, con lo sguardo perduto nel vuoto o nella lettura, si offrono spesso seminude ai raggi del sole trasmettendo solitudine, attesa, inaccessibilità. Una dimensione psicoanalitica che ha permesso di interpretare meglio le emozioni dell'artista.[7]
«Edward Hopper […] ritrasse coloro che sembravano sopraffatti dalla società moderna, che non potevano rapportarsi psicologicamente agli altri e che, con gli atteggiamenti del corpo e i tratti facciali, indicavano di non avere mai avuto una posizione di autorità. […]» |
(M. Baigell - Arte Americana, 1930-1970. Milano 1992.) |
«La grande popolarità di Hopper, che è considerato il migliore pittore realista americano del XX secolo, deriva tanto dal suo stile quanto dal suo atteggiamento verso i soggetti. Le sue figure sono imprigionate nel posto che occupano perché diventano parte della composizione generale del quadro e dei diversi movimenti direzionali di forme e colori. Non hanno capacità di movimento indipendente. Inoltre, i colori sono brillanti, ma non trasmettono calore.» |
(M. Baigell - Arte Americana, 1930-1970. Milano 1992.) |
«Edward Hopper […] ci ha insegnato che l'immagine è una realtà senza resti e la realtà un divenire senza centro.» |
(P. Balmas - Intervista) |
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