Dintorni di Milano o Lavandaie della Magolfa, 1870 (Fondazione Cariplo)
Biografia
Figlio di Maria Taveggia Brizzolara e Laurent, mercante di seta di origini francesi, dimostra presto un precoce talento pittorico e dal 1864 si iscrive all'Accademia di Belle Arti di Brera, dove fino al 1869 frequenta la Scuola di paesaggio di Luigi Riccardi e, in seguito, di Gaetano Fasanotti[1].
Dopo il trasferimento a Milano con la famiglia, si avvicina all'ambiente della Scapigliatura milanese, stringendo una profonda amicizia con Daniele Ranzoni e Tranquillo Cremona, che risiedono nello stesso stabile[2][3] e frequentando la Famiglia artistica.
Nel 1870 esordisce alla XXIX Esposizione della Società per le Belle Arti di Torino con Lavandaie della Magolfa: in questo periodo, si dedica quasi esclusivamente alla pittura di paesaggio, sperimentata en plein air già dalle lezioni con il maestro Riccardi, realizzando con gli amici Luigi Rossi e Achille Tominetti[4] vedute delle campagne lombarde e piemontesi che espone costantemente alle principali rassegne nazionali, come Firenze, Genova, Accademia di Brera e Torino, dove viene a contatto con gli artisti della Scuola di Rivara.
Verso la fine degli anni settanta matura la sua propensione per una pittura di paesaggio di impronta naturalista sul modello delle ricerche di
Filippo Carcano, con il quale a partire dal 1879 dipinge sul Lago Maggiore, inaugurando un repertorio tematico dedicato alle vedute del Verbano, del Mottarone, della Val d'Ossola.
Partecipa all'Esposizione nazionale di Milano del 1881 con Dintorni del lago Maggiore: paese e Laveno e a quella di Roma del 1883 con quattro opere[5];
l'anno successivo è alla Promotrice di Torino con La quiete, acquistata dal Ministero della Pubblica Istruzione e altri quattro dipinti[6].
Dal 1885 al 1894 è membro del consiglio dell'Accademia di Brera[7], cui partecipa annualmente alle mostre della Società Promotrice.
Divenuto ormai un affermato riferimento della pittura lombarda, dal 1887 risiede con la moglie Matilde Ferri e i cinque figli a Stresa, dove frequenta il fervido ambiente mondano e culturale del Lago Maggiore, ritraendone i paesaggi montani e lacustri[8], spesso accompagnato dai colleghi Uberto Dell'Orto, Achille Tominetti, Achille Formis e Pompeo Mariani.
Nel 1891 partecipa alla I Triennale di Milano con Marzo e Studio dal vero, acquistati dal
re Umberto I e nel 1895 presenta Bosco alla I Esposizione internazionale di Venezia.
Anche Monte Rosa, presentato alla Promotrice di Torino del 1897, viene acquistato dal Ministero della Pubblica Istruzione.
In questo periodo, apre a Stresa uno studio aperto a giovani allieve, fra le quali figurano Camilla Bellorini (1879-1906) e Maria Zinelli (1877-1961)[9].
Colpito da un tumore alla gola, muore a Stresa, dove viene sepolto[10],
il 30 agosto 1906, a 56 anni[11]: nel 1907 la Biennale di Venezia e la Promotrice di Torino gli dedicano mostre retrospettive.
Il nipote Lorenzo (1862-1958) è anch'egli pittore naturalista, noto per le sue vedute dei paesaggi del Lago Maggiore[12]..
La figlia Ginette (1891-1982), per anni compagna del noto pittore futurista Aroldo Bonzagni[13], sposa poi il noto imprenditore milanese del vetro Paolo Venini.
Stile
«...in Gignous la poesia, una esuberanza virgiliana di dolcezze che trabocca e inonda i suoi quadri»
(Virgilio Colombo in Gli artisti lombardi a Venezia: prima Esposizione internazionale d'arte della Città di Venezia, Dumolard, 1895)
Gignous è riconosciuto, unitamente a Filippo Carcano, come uno dei maggiori esponenti del naturalismo lombardo[14].
Gli esordi del 1870 sono ancora scanditi dal naturalismo en plein air appreso dal maestro Luigi Riccardi, vivificati da un'attenta ricerca per gli effetti naturali della luce e dei suoi contrasti.
In seguito diviene forte l'influenza dello stile Scapigliato dell'amico Tranquillo Cremona e della Scuola di Rivara, in particolare di Ernesto Rayper, dove è evidente la ricerca dei contrasti tra effetti di chiaroscuro e zone di luminosità.
Verso la fine degli anni settanta Gignous si indirizza verso una pittura di paesaggio di impronta naturalista, affine allo stile dell'amico Carcano, contraddistinta dalla ricerca di sintesi tra forma e colore e il forte intento di definire il valore espressivo ed emozionale dei soggetti ritratti.
Opere principali
Cortile rustico alla Colombera (1870), olio su tela, collezione privata;
Raffaele de Grada, I pittori del Lago Maggiore, dall'Ottocento a oggi, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1978, p.114. URL consultato il 14 dicembre 2021.
Guido Cesura, Il Lago Maggiore in un secolo di pittura, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1978, p.62. URL consultato il 14 dicembre 2021.
Nicoletta Colombo, Eugenio Gignous, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1985, p.148. URL consultato il 14 dicembre 2021.
Paul Nicholls, Eugenio Gignous pittore a Stresa, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1986, p.108. URL consultato il 14 dicembre 2021.
Beatrice Avanzi, Eugenio Gignous, in Dizionario biografico degli italiani, vol.54, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2000. URL consultato il 23 marzo 2018.
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