Francesco Filippini (Brescia, 18 settembre 1853 – Milano, 6 marzo 1895) è stato un pittore italiano, la cui opera rientra nella stagione del tardo impressionismo italiano.[1] I suoi lavori si distinguono per la paesaggistica en plein air e per la rappresentazione della immediata percezione dei soggetti, in particolar modo per quanto riguarda il colore, è il protagonista del tardo impressionismo italiano in opposizione a Monet.
Disambiguazione – Se stai cercando il vescovo e missionario francescano italiano, vedi Venanzio Francesco Filippini.
Autoritratto (1875), Musei Civici di Brescia
Biografia
Filippini nacque il 16 marzo 1852 a Brescia nella classe operaia, da Lorenzo, falegname di umili origini, e Silvia Signoria, operaia cucitrice. Iniziò subito a dipingere piccolissimo da solo, costretto a lavorare fin da bambino, prima come garzone di una pasticceria[1] poi, grazie alla sua bella scrittura, come scrivano presso lo studio di un Notaio.[2] Ma lo catturò sin da subito il suo interesse per il disegno, realizzò durante le pause del lavoro alcuni ritratti della famiglia proprietaria della pasticceria, utilizzando il carboncino della legna dei forni e carta da pacco alimentare, le cui forme segnalavano già il suo forte talento fin dai tredici anni di età.[3]
Filippini si forma nell'ambiente artistico bresciano, iscritto dai primi anni settanta alla Scuola di Pittura e d'Arti e Mestieri, annessa alla Pinacoteca Tosio Martinengo,[1][4] dove ha per lui importanza di formazione il maestro Giuseppe Ariassi e Luigi Campini.
Nel 1870 partecipò, dopo averlo già vinto due volte, al concorso Premio Brozzoni, ma la sua opera venne rifiutata perché per la commissione aveva rappresentato gli elementi drammatici del tema, ma non aveva ricostruito l'ambiente storico: l'opera era Fulvia che svela a Cicerone la congiura di Catilina. A causa di questa delusione abbandonó per un lungo periodo la pittura. Nel 1875 si trasferisce a Milano.[1]
Nel 1876 grazie alle sue particolari doti, riceve diverse borse di studio, tra cui quella del Comune di Brescia, frequenta così con successo i corsi dell'Accademia di Belle Arti di Brera, studiando con Giuseppe Bertini[5] e ottenendo numerosi prestigiosi premi.[6]
Un'incisione satirica eseguita nel 1864 da Honoré Daumier sui borghesi scandalizzati dalle pitture raffiguranti Venere nuda fa comprendere il clima di quegli anni verso le avanguardie impressioniste
Nell'estate del 1879 si recò a Parigi con alcuni colleghi milanesi per visitare l'annuale "Salon de Paris" presso il Louvre, dove i maggiori artisti di tutta Francia si erano dati appuntamento, e dove "privilegiò l'osservazione dei paesaggi di tradizione tardoromantica rispetto alle prove del gruppo degli impressionisti".[7]
Altri critici invece ritengono che nell'opera Laguna Veneta di Filippini, s’avverte una risposta a ciò, proprio a seguito del suo viaggio di ricerca parigino.[8]
Francesco Filippini, Laguna Veneta (1877); olio su telaClaude Monet, La Stazione Saint-Lazare: arrivo di un treno (1877); olio su tela, 64 × 81 cm, ParigiClaude Monet, La stazione di Saint-Lazare (1877); olio su tela, 75×104 cm, museo d'Orsay, ParigiPrime nevi o Paesaggio, 1889 ca. (Gallerie di piazza Scala, Milano)
Nel 1880, Filippini torna a Milano, dove partecipò al movimento artistico della Scapigliatura.
Filippini, seguendo una forma di "pittura sociale" dell'epoca, crea le opere di maggiore importanza con ritratti di figure dedite al lavoro agricolo, tra cui La sosta della contadina (1889), Il riposo della pastorella (1889), Il maglio (1889) o La strigliatura della canapa (1890).
A Milano aprì un proprio studio di pittura in via Milazzo al numero 12, ma molto spesso si recava a cercare l'ispirazione dipingendo all'aria aperta, nei paesaggi delle campagne della Val Seriana, di Genova, della Val Camonica, dell'Appennino, di Porto Valtravaglia, di Pegli, Napoli, Venezia e Chioggia.
Nel 1888, a seguito del suo successo artistico, venne nominato socio onorario dell'Accademia di belle arti di Brera. Raggiunta la fama strinse forte amicizia con i maestri del divisionismo lombardo tra cui Giovanni Segantini a cui volle dedicare l'opera Impressione sulla laguna.
Filippini morì a Milano il 6 marzo 1895, a soli quarantadue anni. In sua memoria venne eretto un monumento al Cimitero Monumentale di Milano, realizzato nel basamento dallo scultore Primo Giudici, con sovrapposto un busto bronzeo scolpito da Paolo Troubetzkoy,[9] per la sua importanza storico artistica l'originale è stato recentemente conservato presso i Musei Civici di Arte e Storia di Brescia e nei giardini lasciata una copia.
Musei
Gallerie di piazza Scala (Prime Nevi)
Galleria d'arte moderna di Milano (La grande marina)
Museo Galleria d'arte moderna Ricci Oddi, Piacenza (Ritorno al pascolo - Pecore tosate - Tramonto)
Collezioni d'arte della Fondazione Cariplo
Galleria d'arte moderna (Novara)
Museo d'arte moderna di Bologna[senzafonte]
Premi
Filippini vince numerosi premi tra cui:
il Premio Brozzoni, nel 1876, con un'opera con soggetto storico
il Premio Brozzoni nel 1878
il Premio Brozzoni nel 1880
il Premio Fumagalli, nel 1887
Socio onorario dell'Accademia di belle arti di Brera, 1888
il Premio Fondazione Canonica, nel 1889
il Premio Fondazione Mylius-Bernocchi, nel 1890
Stile
Filippini pur dipingendo lontano dalle città, e in contrasto con il loro stile di vita, avrà influenza su tutta la Pittura paesaggistica, anche dopo la sua morte e fino al dopoguerra, diventando il capo scuola del movimento tardo impressionista italiano che prese il nome di "Filippinismo". Filippini non ebbe mai maestri, ma ha avuto molti allievi anche non ufficiali e non dichierati, e ha inspirato molti altri per un lungo periodo.[10]
Rispetto ad altre opere della pittura naturalistica dell'ultimo ventennio dell'Ottocento, Filippini elabora una sua scuola di pittura, in opposizione a Monet, di paesaggio essenziale raffinato, molto differente dal Manierismo tipico del quadro di paesaggio in voga negli ultimi anni del secolo, nel pieno principio del Filippinismo che fu movimento di avanguardia.
Francesco Filippini superando la stereotipata e ripetitiva art pompier francese di esasperato classicismo, ridá nuova vitalità all'arte italiana, smettendo di descrivere le figure in maniera industriosamente meticolosa, al punto da riuscire a mettere a fuoco ogni minimo dettaglio con il risultato di un'immagine talmente levigata da sembrare quasi «laccata»,[11] finta, artificiosa, nel segno di una resa all'ambiente naturale, più autentico e vigoroso.
Filippini è tra i pochi che hanno la capacità di interloquire con le tendenze più avanzate del suo momento storico e, in particolare, con Monet, che proprio negli anni Settanta aveva avviato un’indagine attorno alle atmosfere corrusche, invernali, della stazione ferroviaria di Saint-Lazare. Dopo il suo soggiorno a Parigi nel 1897 Filippini nella ricerca di In Laguna veneta, risponde a Claude Monet, con i neri ferrigni, i fumi sporchi, l'aura lutulenta che troviamo nel dipinto In ponte d’Europa, stazione Saint Lazare di Monet. Non è solo il dato manifesto del paesaggio a colpire, ma un senso di cataclisma che si ripete sulla linea della quotidianità e che nasce dalla proiezione psichica del pittore sull'elemento naturale. Filippini con un senso del dramma che non esiste in Monet, riprende come Monet soprattutto, le opere scure, invernali, cupe, che si adattano alla sensibilità tormentata di Filippini e a una pennellata che resta di matrice scapigliata.[12]
Filippini si dedica del resto inizialmente a soggetti storici e ritratti, influenzato anche da tardi echi della pittura scapigliata, riscontrabili nell'adozione di una stesura pittorica abbreviata. Dagli anni ottanta la sua produzione si rivolge in modo preponderante alla pittura di paesaggio, con la sua prima mostra alla Società Permanente di Milano nel 1886. La pratica en plein air, obbligava Filippini a una rapidità d'esecuzione particolarmente spiccata: ciò, tuttavia, era perfettamente compatibile con il suo credo pittorico, finalizzato a cogliere le impressioni fuggevolissime e irripetibili. Nelle sue opere emerge l'assoluta sincerità nei confronti del vero naturale, accompagnato da un consapevole rigore compositivo, in un robusto linguaggio affidato ad una pennellata larga, aspra ed essenziale.[13]
La caratteristica della luce inseguita da Filippini è che è naturale. Filippini infatti, dipingendo en plein air, all'aria aperta, si immerge nella natura. Realizzò opere en plein air che, nella trascrizione pittorica dei paesaggi italiani, cercavano di rispettare gli stessi meccanismi che regolano la visione umana. Sperimentando la nuova tecnica pittorica che in quegli anni andavano coltivando anche i suoi amici parigini Monet e Renoir, tutta basata sulle variazioni degli effetti di luce.[14]
Firma
Il Pittore firma le opere in basso a destra F. Filippini, in corsivo, usualmente in colore rosso e in rilievo.
Accademia di belle arti di Brera, 1885 ("Mattino di novembre a Ligurno").
Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente, Esposizione Annuale, Milano, 1886
Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente, Esposizione Annuale, Milano, 1889
Esposizione triennale italiana di belle arti del 1891, I Triennale di Brera, Milano
Esposizione triennale italiana di belle arti del 1894, Triennale di Brera, Milano
Esposizione d'arte moderna, Brescia, 1898
L'arte in Famiglia, Brescia, 1925
Palazzo della Loggia, Brescia, 1956
Francesco Filippini, a cura de "La Famiglia Artistica Milanese", 1996
Galleria Lo Spazio, Brescia, a cura di L. Anelli, 1998
Museo di Santa Giulia, Brescia, 1999-2000
Francesco Filippini e la pittura bresciana dell'Ottocento, mostra a cura di Roberto Ferrari, Galleria AAB, Brescia, 2000.[17]
Francesco Filippini, a cura di Maurizio Bernardelli Curuz, 2003
Terre d'acqua, "Lo spettacolo della natura fra fiumi e laghi nella pittura lombarda dell'800 e '90", a cura di Maurizio Bernardelli Curuz, Leno, 2007-2008
The art side of the Moon, in occasione dei 40 anni dallo sbarco sulla Luna, 2009
Marylin, 2010
Galleria Colossi Arte Contemporanea, 2010
Sospensioni, 2010
GAM - Galleria d'arte moderna (Milano), "Sei stanze una storia ottocentesca", 2016
Opere
Filippini nel 1878 dedicó all'amico Giovanni Segantini il dipinto Impressione sulla laguna (Brescia, collezione privata, 1878). Questo quadro si avvicina alle modalità stilistiche dell'esperienza impressionista francese, filtrata attraverso un mai negato interesse per il dato naturalistico. Risale al 1891 uno dei suoi capolavori, Sosta o Vespero (Brescia, Civici musei d'arte e storia), emblematico per liste sottili di colori smorzati, il cielo reso con marezzature grigie, il profondo senso della malinconia riscattato, forse, solamente dai sentimenti arcaici semplici, modesti, della quotidiana vita agreste.
[1]. Le opere più preziose sono considerate proprio quelle dedicate ai paesaggi agresti, al lavoro delle contadine e alle loro stanchezze dal duro lavoro, ai greggi di pecore.
La Grande Marina
Ai piedi del ghiacciaio, cm 95,5x55,5, Milano, Collezione privata[18]
La sosta della contadina, cm 39x62, Milano, Collezione privata (1889)
La grande spiaggia con scugnizzi al mare di Napoli
Note
Terraroli, Valerio, FILIPPINI, Francesco, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1997. URL consultato il 25 settembre 2017.
Filippini, Francesco. Benezit Dictionary of Artists. Oxford Art Online. Oxford: Oxford University Press. (richiesta iscrizione).
Giovanna Ginex, Domenico Sedini, Francesco Filippini (PDF), in A Collection of Cultural Excellence, the Artistic Heritage of the Fondazione Cariplo, Milano, Skira editore, 1881, p.104. URL consultato il 2014.
Giovanna Ginex, Domenico Sedini, Francesco Filippini, A Collection of Cultural Excellence, the Artistic Heritage of the Fondazione Cariplo, 2014, Skira editore, Milano, pgg.104
Paolo Biscottini, Rossana Bossaglia, Pittura lombarda del secondo Ottocento: lo sguardo sulla realtà, Ente autonomo Fiera di Milano, Electa, 1994
Luciano Caramel, C. Pirovano, Musei e gallerie di Milano, Galleria d'arte moderna. Opere dell'Ottocento, pp.318 s., Milano, 1975
Roberto Ferrari, Francesco Filippini. Un protagonista del naturalismo lombardo, Skira, 1999. ISBN 88-8118-671-3
Thieme-Becker, Allgemeines Lexikon der Bildenden Künstler von der Antike bis zur Gegenwart, "Francesco Filippini", XI, pp.561 s.
Maurizio Agnellini, Ottocento italiano: pittori e scultori: opere e mercato 1998-1999, Istituto geografico de Agostini, 1998
Luciano Anelli, Francesco Filippini disegnatore, Geroldi, 1989
Valerio Terraroli, Dai neoclassici ai futuristi ed oltre. Proposte per una civica galleria d'arte moderna (catal.), a cura di R. Stradiotti, pp.108, 112, 192, Brescia, 1989
Luciano Anelli, Disegni lombardi ed olandesi di Francesco Filippini, Galleria Lo Spazio, 1998
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