Paolo Alboni, riportato anche come Paolo Antonio Alboni (Bologna, 1665 – Bologna, 5 ottobre 1730), è stato un pittore italiano.
Il suo primo biografo fu Luigi Crespi, a lui coevo, che ne dà notizie nelle sue Vite de' pittori bolognesi.
Nato da Antonio e Angiola Alboni, di «antica e molto comoda famiglia», si formò nella pittura studiando i paesisti nordici, dai quali discese la particolare dedizione per paesaggi dalla notevole ricchezza luministica e cromatica. Il carattere irregolare lo portò a soggiornare a Roma e poi a Napoli, città nelle quali riscosse notevole successo, per poi tornare in patria, dove si sposò ed ebbe tre figli, delle quali una, Rosa, gli fu seguace. Nel 1710 si recò a Vienna, dove rimase fino al 1722, anno in cui rimase leso nella parte destra del corpo a causa di un attacco apoplettico; tornò dunque a Bologna, suscitando ammirazione per riuscire a dipingere con maestria anche con la mano sinistra. Morì nel 1730 e fu sepolto nella chiesa di San Procolo. Oltre alla figlia, ebbe un unico scolaro, un tale Gabriello Giuseppe Patarazzi, divenuto agostiniano[1]. In un manoscritto inedito dell'Oretti (Notizie de' professori del disegno cioè pittori, scultori e architetti bolognesi e forestieri di sua scuola, conservato a Bologna) l'Alboni è chiamato Paolo Antonio, e la sua data di morte è posticipata al 5 settembre 1734[2].
Lasciò dipinti eseguiti nei palazzi Pepoli e Fabbri a Bologna (le sue opere più lodate) e nella villa dei conti Naldi a Faenza. Suo è un disegno conservato all'Albertina di Vienna; gli è pure attribuito un piccolo dipinto nelle Gallerie dell'Accademia a Venezia[3].
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