Sebastiano Aragonese (Ghedi, 1510 – 1567) è stato un pittore e antiquario italiano.
Scarse e poco note sono le informazioni biografiche circa la vita di Sebastiano, il quale nacque presumibilmente tra il 1510 e il 1523 a Ghedi, in provincia di Brescia, da una famiglia di origine spagnola. Lo stesso cognome Aragonese, infatti, lo ereditò dal bisnonno Alfonso, giunto in Lombardia forse nella seconda metà del XV secolo e morto sicuramente entro il 1480.[1]
Sebastiano ebbe sicuramente modo di ereditare la passione per la pittura dal padre, che fu appunto pittore ma di scarsa fortuna,[2][3] di cui non restano opere documentate;[4][5] allo stesso modo, non si conosce con certezza il tipo di educazione che ricevette Sebastiano durante il suo apprendistato, seppure si possa ipotizzare che sia stato educato o in uno dei tanti licei allora presenti a Brescia, oppure da un maestro privato.[2] Quasi sicuramente, tuttavia, il giovane poté osservare in prima persona il lavoro svolto nei primi anni del Cinquecento dal Romanino, il quale stava affrescando, proprio in quel periodo, le volte e le sale di palazzo Orsini, dimora situata appunto a Ghedi e commissionata dall'omonimo generale della Serenissima.[4] Le cronache inoltre ci testimoniano, riguardo alla vita di Sebastiano, che:[6]
«[...] non havendo niente di buono nella pittura, si diede tutto al disegnar di penna e riuscì in questa professione perfetto, e molto singolare» |
(Ottavio Rossi, ibidem) |
L'Aragonese si dedicò dunque alla sistematica copiatura di epigrafi, marmi e iscrizioni di età romana provenienti da Brescia e provincia;[3][7][8] egli diede alle stampe il risultato della sua opera nel 1564, intitolandola «Monumenta antiqua urbis et agri brixiani» e realizzandola non con caratteri tipografici ma, curiosamente, mediante matrici costituite da tavolette lignee incise.[9] Venne così alla luce la prima opera in assoluto dedicata all'epigrafia e storia romana del territorio bresciano, nonché, con tutta probabilità, una delle prime in assoluto in Italia.[9]
Inoltre, 19 delle suddette matrici lignee (in origine dovettero essere 23) con le quali egli operò e stampò la sua opera, sono conservate in buona parte presso la pinacoteca Tosio Martinengo,[7] mentre lo stesso manoscritto originale, come testimoniato dagli scritti dello stesso Ottavio Rossi nel Seicento, furono conservate per un certo periodo di tempo nello studio di quest'ultimo;[6] in seguito, comunque, il medesimo manoscritto originario confluì nelle collezioni della biblioteca queriniana, unica a conservarli da allora assieme alla biblioteca apostolica vaticana.[10]
L'intellettuale ed erudito bresciano Giovanni Labus, tra l'altro, ebbe modo di studiare l'opera dell'Aragonese,[11] mediante puntuali osservazioni pubblicate nei primi anni dell'Ottocento dall'Ateneo di Brescia.[9][12][13]
Come testimoniato dal già citato Ottavio Rossi, non si sa per certo se Sebastiano sia morto a Brescia o fuori,[14] seppure si possa ipotizzare, come data plausibile, il 1567.[5]
Tra le poche notizie certe circa la sua attività pittorica e artistica, si possono ascrivere alla sua mano le seguenti opere:
Controllo di autorità | VIAF (EN) 53970178 · ISNI (EN) 0000 0000 8077 3353 · BAV 495/25007 · CERL cnp01228199 · ULAN (EN) 500091220 · LCCN (EN) no2008133760 · GND (DE) 141894415 · WorldCat Identities (EN) lccn-no2008133760 |
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