Attorno al 1620, van Dyck dipinse tre autoritratti, uno conservato a New York, uno a Monaco e questo a San Pietroburgo. In questo autoritratto van Dyck si mostra tranquillo e ancora una volta sicuro di sé. Indossa un abito di seta nera e mette in risalto la mano, bianca e affusolata, guardando l'osservatore dritto negli occhi.
Diversi elementi ci permettono di collocare l'esecuzione di questo dipinto nel periodo di soggiorno romano dell'artista, quando aveva all'incirca ventiquattro anni: la presenza di una colonna spezzata, simbolo dell'antichità greco-romana e la somiglianza evidente con un ritratto di Raffaello, che all'epoca si riteneva fosse un autoritratto dell'autore e che van Dyck riportò nel suo Taccuino italiano.
Bibliografia
Gian Pietro Bellori, Vite de' pittori, scultori e architecti moderni, Torino, Einaudi, 1976.
Didier Bodart, Van Dyck, Prato, Giunti, 1997.
Christopher Brown, Van Dyck 1599-1641, Milano, RCS Libri, 1999, ISBN88-17-86060-3.
Justus Müller Hofstede, Van Dyck, Milano, Rizzoli/Skira, 2004.
Stefano Zuffi, Il Barocco, Verona, Mondadori, 2004.
Marco Horak, Van Dyck tra i grandi ritrattisti nelle raccolte piacentine, in "Panorama Musei", anno XVI, n. 2, agosto 2011
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