Il Ritratto di Bartolomeo Prati è un dipinto a olio su tela (110 x 90 cm) di Girolamo Mazzola Bedoli è databile attorno al 1542 ed è conservato presso la Galleria nazionale di Parma.
Ritratto di Bartolomeo Prati | |
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Autore | Girolamo Mazzola Bedoli |
Data | 1542 circa |
Tecnica | olio su tela |
Dimensioni | 110×90 cm |
Ubicazione | Galleria nazionale, Parma |
La tela entrò in Galleria Nazionale nel 1860, come parte della collezione Dalla Rosa Prati, acquisita dopo una serie di trattative tra gli eredi della famiglia e il duca Carlo III di Borbone. Anche se l'opera venne attribuita da vari studiosi a Parmigianino[1], oggi la maggior parte della critica ha accettato l'ascrizione a Girolamo Mazzola Bedoli[2]. Per l'affinità di questo dipinto al Ritratto di un sarto[3] (conservato oggi a Napoli, nel Museo nazionale di Capodimonte facente parte della antica collezione Farnese), gli studiosi[4] avevano datato l'opera attorno al 1550. Recentemente però, a seguito dell'identificazione del soggetto con Bartolomeo Prati, si è pensato di poter collocare l'opera attorno al 1542.
l ritratto si presenta agli occhi dell'osservatore ricco di dettagli preziosi, che racchiudono una nascosta simbologia a svelare l'identità del personaggio. In passato attribuito a Parmigianino per le sue raffinatezze stilistiche, è ora unanimemente assegnato a Girolamo Mazzola Bedoli.
L'uomo è ritratto di tre quarti, nel suo studio, in un elegante robone nero. L'opera si presenta ricca di manierismi e raffinatezze: la barba, per esempio è eseguita a fil di pennello, e il broccato è dipinto usando un accurato effetto lucido. La clessidra che il personaggio tiene in una mano, ha quasi tutta la polvere sulla zona sottostante, quasi a significare che la sua fine è ormai vicina. Anche l'ultimo dei tre garofani, che individuano le tre fasi della vita, ha perso quasi tutti i suoi petali. Nel dipinto sono presenti, inoltre, molte altre simbologie. Il labirinto sul volume alle spalle del personaggio, per esempio, contiene la scritta latina EXI, rimando all'uscita dalla vita terrena e all'avvicinamento a Dio. Inoltre, sull'anfora raffigurata sulla destra si individuano la figura di Giano bifronte, divinità simbolo del passaggio alle porte celesti, e la scritta ECCE, che allude alla frase “Ecce Homo” pronunciata da Pilato e al giudizio divino.
Il personaggio ritratto nel dipinto è stato identificato recentemente con Bartolomeo Prati, un giureconsulto di Pavia che svolse una intensa attività giuridica a Parma come luogotenente di Francesco Gucciardini. Collezionista di opere d'arte, fu mecenate e committente di importanti imprese artistiche, fra cui l’Ecce Homo di Correggio.
Girolamo Mazzola Bedoli si occupò anche della realizzazione del sepolcro dello stesso Prati[5] collocato nella cripta del duomo di Parma.
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