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La Battaglia dei centauri o Centauromachia è un altorilievo marmoreo (84,5x90,5 cm) di Michelangelo Buonarroti, databile al 1492 circa e conservato nella casa Buonarroti a Firenze.

Battaglia dei centauri
AutoreMichelangelo Buonarroti
Data1492 circa
Materialemarmo
Dimensioni84,5×90,5 cm
UbicazioneCasa Buonarroti, Firenze

Storia


Di poco posteriore alla Madonna della Scala, la Battaglia dei centauri è databile agli anni della formazione al giardino di San Marco dello scultore adolescente. Secondo Condivi e Vasari l'opera, la prima di una lunga serie di incompiuti, fu eseguita per Lorenzo il Magnifico su un soggetto proposto da Agnolo Poliziano. I due biografi non concordano sull'identificazione di questo soggetto, che per il Condivi sarebbe il Ratto de Deianira e la zuffa de Centauri mentre per il Vasari è la Battaglia di Ercole coi Centauri. L'ipotesi più probabile, nonostante il titolo ormai usato in tutta la letteratura, sembra essere il primo, poiché qua e là si scorge anche qualche donna: in alto a sinistra e a destra, dietro l'uomo dal torso ben tornito.

Altri studiosi hanno ipotizzato che il rilievo, nel dettaglio, rappresentasse le favole di Igino, Teseo in Dante Alighieri, Teseo contro i centauri, o il ratto di Ippodamia da parte del centauro Eurito durante le sue nozze con Piritoo, che diede origine alla battaglia fra Centauri e Lapiti, come descritto ne Le metamorfosi di Ovidio (libro XII). L'opera è da sempre ricordata nel palazzo dei Buonarroti.


Descrizione


La lastra, inquadrata da una fascia irregolare, mostra una massa di figure impegnate in una confusa lotta. Al centro spicca un giovane con il braccio alzato, nella posizione che nei sarcofagi romani era riservata ai generali a cavallo. Attorno a lui si sviluppa un groviglio di corpi che, nelle figure più sporgenti, crea una sorta di piramide visiva che ha il vertice proprio nella sua testa. Tra questi personaggi più spiccati della fascia mediana si vedono, da sinistra, un uomo canuto che sta per scagliare una grossa pietra squadrata, un uomo raffigurato interamente mentre compie una torsione verso destra, e una zuffa di almeno cinque personaggi principali le cui braccia compongono un nodo inestricabile: uno di spalle trascina per i capelli un secondo, che è tenuto alla vita da un terzo uomo che col braccio destro afferra le spalle di un gruppo di due figure, una donna che strozza col braccio un uomo che tenta di liberarsi. Più isolata la battaglia infuria tra figure dal rilievo meno pronunciato; più in basso si scorgono i perdenti: un uomo seduto che si ripara la testa, un centauro abbattuto, un uomo che si sta accasciando e due lottatori uno sopra l'altro, in posizione pressoché identica, con quello dietro che si sta avventando su quello davanti armato di un sasso.

Le figure si confondono le une con le altre, talvolta emergendo con forza dallo sfondo, talvolta appena sporgenti, con una straordinaria abilità nello sfruttare le potenzialità del marmo per creare diversi piani spaziali. A parte l'ispirazione mitologico-letteraria è chiaro che all'artista interessava soprattutto esplorare il tema del nudo umano, analizzato in pose diverse e in differenti situazioni di tensione muscolare, che divenne in seguito uno dei temi più peculiari della sua arte, basti pensare al Giudizio universale. Per questo rilievo Michelangelo si rifece sia ai sarcofagi romani, sia alle formelle dei pulpiti di Giovanni Pisano, e guardò anche al contemporaneo rilievo bronzeo di Bertoldo di Giovanni, suo maestro al giardino di San Marco con una battaglia di cavalieri (oggi al Bargello), a sua volta ripreso da un sarcofago del Camposanto di Pisa. Ma appare evidente che per Michelangelo i modelli, soprattutto quelli antichi, non sono un repertorio in cui pescare per imitare, bensì il frutto di miti e passioni umane, la cui espressione, attualizzata con consapevolezza, gli permetteva di ricreare l'antico con stupefacente virtuosismo[1]. I riferimenti sono però sorpassati dal giovane artista, che esalta il dinamismo e l'anatomia, con gesti fluidi e una notevole efficacia compositiva.


Note


  1. De Vecchi-Cerchiari, cit., pag. 154.

Bibliografia



Voci correlate



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Collegamenti esterni


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На других языках


[de] Kentaurenschlacht

Die Kentaurenschlacht (auch Kentauromachie oder Centauromachia) ist ein wichtiges Frühwerk des italienischen Renaissance-Künstlers Michelangelo, der es um 1492 schuf. Es ist ein unvollendetes Relief aus Marmor, das eine Szene aus der griechischen Mythologie, den Kampf zwischen Lapithen und Kentauren darstellt und befindet sich heute in der Casa Buonarroti in Florenz.

[en] Battle of the Centaurs (Michelangelo)

Battle of the Centaurs is a relief sculpture by the Italian Renaissance artist Michelangelo, created around 1492. It was the last work Michelangelo created while under the patronage of Lorenzo de' Medici, who died shortly after its completion. Inspired by a classical relief created by Bertoldo di Giovanni, the marble sculpture represents the mythic battle between the Lapiths and the Centaurs. A popular subject of art in ancient Greece, the story was suggested to Michelangelo by the classical scholar and poet Poliziano. The sculpture is exhibited in the Casa Buonarroti in Florence, Italy.

[es] La batalla de los centauros (Miguel Ángel)

La batalla de los centauros es una escultura en relieve en mármol del escultor Miguel Ángel datada cerca de 1493 y que se guarda en el museo de la Casa Buonarroti de Florencia. Sus medidas son de 84,5 x 90,5 cm.

[fr] Bataille des Centaures (Michel-Ange)

La Bataille des Centaures (en italien : Battaglia dei centauri) ou le rapt de Déjanire[1] ou bataille d'Hercule et des Centaures[2], est une œuvre de jeunesse de Michel-Ange, conservée à la Casa Buonarroti à Florence.
- [it] Battaglia dei centauri

[ru] Битва кентавров

«Битва кентавров» (итал. Battaglia dei centauri; также — «Бой Геркулеса с кентаврами»[1]) — мраморный рельеф со сценой кентавромахии, созданный Микеланджело около 1492 года. Этот барельеф относится к первым его известным независимым произведениям (как и «Мадонна у лестницы»)[2], и в нем он нашел себя как скульптора[3]. Вазари описывает его как работу, сделанную «так прекрасно, что тот, кто теперь смотрит на неё, не может поверить, что это работа юноши, а не уважаемого мастера, совершенного в науке и практике искусства»[1].



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