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Paolina Borghese come Venere vincitrice è una scultura neoclassica di Antonio Canova, eseguita tra il 1805 e il 1808 ed esposta alla Galleria Borghese di Roma.

Paolina Borghese
AutoreAntonio Canova
Data1804-1808
Materialemarmo bianco
Dimensioni92 (160 con il letto) × 200 cm
UbicazioneGalleria Borghese, Roma

Storia


Robert Lefèvre, Ritratto di Paolina Bonaparte (1806); olio su tela, 65×53 cm, reggia di Versailles
Robert Lefèvre, Ritratto di Paolina Bonaparte (1806); olio su tela, 65×53 cm, reggia di Versailles

Paolina Bonaparte, nata ad Ajaccio nel 1780, sorella di Napoleone I e sposa in seconde nozze del principe romano Camillo II Borghese, con il quale si era unita nel 1803. Fu proprio per celebrare il matrimonio con Paolina che Camillo Borghese commissionò l'opera a Canova nel 1804: quando la donna iniziò a posare per lo scultore aveva venticinque anni ed era all'apice del proprio splendore sociale, anche grazie al titolo di «Altezza Imperiale» assunto l'anno precedente, quando il fratello Napoleone si era proclamato Imperatore a Notre-Dame.

Per realizzare la «statua della principessa Borghese», Canova organizzò la propria bottega in modo da riservare a sé solo l'ideazione dell'opera, con il relativo studio del soggetto e delle diverse possibilità di composizione, e il momento dell'«ultima mano», dove egli conduceva la scultura a compimento apportando gli interventi finali. Le fasi progettuali intermedie furono delegate ai lavoranti della sua bottega, i quali si preoccuparono della sbozzatura del marmo. Del lavoro preparatorio relativo alla scultura ci sono rimasti quattro disegni di studio: di questi uno si impone all'attenzione perché riporta una diversa ipotesi compositiva (Paolina, infatti, solleva il braccio sinistro sulla testa), mentre un altro pure desta particolare interesse in quanto esamina il rapporto tra la Venere-Paolina, l'agrippina e il materasso.

Mostrandosi assai sensibile agli archetipi classici (palesi i riferimenti alla Danae di Correggio, alla Venere di Tiziano Vecellio e alla Venere dormiente di Giorgione), Canova portò a compimento l'opera nel 1808: fu regolarmente pagato da Camillo Borghese nel maggio del 1809 per la bella cifra di seimila scudi.[1] Si racconta che Canova avesse suggerito a Paolina di essere rappresentata come la dea Diana, vergine cacciatrice, ma di fronte a questo consiglio Paolina scoppiò a ridere dicendo che se l'avessero ritratta come vergine non ci avrebbe mai creduto nessuno.[2] L'opera fu prontamente portata nella residenza di Camillo a Torino, città dove ricopriva la carica di Governatore Generale dei Dipartimenti transalpini: l'opera suscitò rapidamente molto scalpore a causa dell'eccessiva sensualità di Paolina («Come! Avete posato così nuda davanti al Canova?» «Ma la stanza era ben riscaldata!»). Si racconta ancora come quando chiesero a Paolina se avesse davvero posato nuda davanti allo scultore, lei rispose di sì, ma che non era stato un problema in quanto Canova, sottolineò malevola, «non era un vero uomo»[2]. Le fonti non sono tuttavia sufficienti per stabilire con certezza se Paolina abbia effettivamente posato nuda oppure se fosse stato il Canova a levare le vesti al soggetto durante l'esecuzione dell'opera: il dibattito è tuttora aperto.[3] Un confronto anatomico tra i seni di Paolina del Canova e del Lefevre fa propendere per la posa da nudo[senza fonte].

Giorgione, Venere dormiente (1507-1510 circa); olio su tela, 108,5×175 cm, Gemäldegalerie Alte Meister, Dresda
Giorgione, Venere dormiente (1507-1510 circa); olio su tela, 108,5×175 cm, Gemäldegalerie Alte Meister, Dresda

La statua, trasportata al palazzo Borghese di Campo Marzio dopo la caduta di Napoleone, rimase esposta lì sino a quando nel 1820 Camillo Borghese decise di rimuoverla e di chiuderla in una cassa. Il Principe Borghese prese questa decisione sia per far cessare l'indegno mercato degli ingressi a pagamento perpetrato dalla servitù, ma anche per mantenersi in buoni rapporti con la corte pontificia. D'altronde, dopo il tramonto dell'era napoleonica l'opera appariva totalmente decontestualizzata, sia come immagine che come simbolo: nell'esaltare la bellezza di Paolina, infatti, la scultura serviva anche a celebrare i Bonaparte, e pertanto aveva perso di coerenza dopo tutte le sventure sofferte dai napoleoni dopo Waterloo. La stessa Paolina, nel 1820, era afflitta da malattie e affanni, e non era certamente più giovane: fu anche lei, infatti, a volere la rimozione della statua, come emerge in una lettera del 22 gennaio 1818 indirizzata al marito:

«Camillo, vorrei pregarvi di farmi un piacere... So che talvolta consentite a qualcuno di vedere la mia statua di marmo. Sarei lieta che questo non accadesse più, perché la nudità della scultura sfiora l'indecenza. È stata creata per il vostro piacere, ora non è più così, ed è giusto che rimanga nascosta agli sguardi altrui»

L'opera giunse presso villa Borghese nel 1838. Inizialmente sistemata nella Stanza di Elena e Paride, nel 1889 la scultura trovò la sua collocazione definitiva nella sala I al piano terreno, in accordo con gli episodi narrati nei quadri della volta del soffitto con le Storie di Venere e di Enea.[4][5]

Una copia in gesso della scultura è presente nella Gipsoteca canoviana di Possagno (TV). Tale copia è stata danneggiata al piede destro (più precisamente all'alluce) da un turista austriaco intento a scattare un selfie, nell'agosto del 2020. Il turista, rintracciato dai Carabinieri grazie alle immagini di sorveglianza, si è poi reso disponibile a pagare le spese per il ripristino dell'opera.[6]


Descrizione


Particolare del busto di Paolina-Venere
Particolare del busto di Paolina-Venere

Paolina è raffigurata nelle sembianze di una Venere vincitrice. La donna, infatti, nella mano sinistra regge una mela che evoca la vittoria di Afrodite nel giudizio di Paride: quest'ultimo, nella mitologia greca, doveva scegliere a chi tra le dee Era, Atena ed Afrodite assegnare un pomo d'oro con sopra inciso «Alla più bella», e Paride lo concesse proprio alla dea dell'amore.

Paolina-Venere è languidamente semidistesa su un'agrippina, ovvero un divano fornito di un unico bracciolo, sulla quale ella appoggia il braccio destro. Il suo busto è nudo, mentre la parte inferiore del corpo è avvolta da una veste leggera che, scoprendo l'attacco dei glutei e sottolineando le pieghe dell'inguine, rende Paolina pudica e sensuale allo stesso tempo, caricando l'opera di un grande erotismo che sarebbe stato assai meno sentito se la donna fosse stata completamente svestita. Le fattezze divine e il volto idealizzato sublimano il corpo di Paolina al di fuori di ogni realtà terrena: è restituita alla dimensione umana solo grazie a una speciale patina rosa che Canova applicò sulle parti epidermiche della scultura, in modo da imitare il colore dell'incarnato e conferire all'intera opera una lieve parvenza di vita.[7]

Dal punto di vista tecnico, invece, la statua di Paolina Borghese è caratterizzata dall'equilibrio tra le linee orizzontali e verticali - descritte dal letto - e quelle diagonali (individuate dal corpo di Paolina) e da una calibrata alternanza di pieni e vuoti. La staticità della scultura è bilanciata dalla torsione del volto di Paolina, che si presta a una visione a tre quarti; l'intera scultura è inoltre impostata su una linea fluida e sinuosa che, partendo dalle gambe di Paolina-Venere, si flette nella verticalità del suo busto.

La scultura, ad ogni modo, è impostata verso varie visuali, siccome ciascun punto di vista è in grado di regalare nuove bellezze scultoree: fu per questo motivo che Canova decise di inserire nel legno su cui poggia la statua un ingranaggio per farla ruotare, in modo tale che questa potesse essere osservata da ogni angolazione. In base alla direzione che l'opera assumeva, infatti, variava la quantità di luce che la investiva: in questo modo si determinavano giochi di luce e di ombre sempre differenti, facendo variare l'aspetto di Paolina all'infinito.[7]


Note


  1. Massimiliano Pavan, CANOVA, Antonio, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 18, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1975, SBN IT\ICCU\RAV\0018896. URL consultato il 1º novembre 2016.
  2. Bentornato Ermafrodito. La strepitosa collezione di marmi antichi venduta a Napoleone, su Il Sole 24 ORE. URL consultato il 17 giugno 2020.
  3. Dario Mastromattei, Paolina Borghese di Antonio Canova: analisi completa dell’opera, su arteworld.it, ArteWorld, 23 marzo 2016.
  4. Canova - Paolina Borghese, su galleriaborghese.beniculturali.it, Galleria Borghese. URL consultato il 7 novembre 2016.
  5. La principessa Paolina Bonaparte Borghese come Venere Vincitrice, su canova.diecigrandimostre.it. URL consultato il 7 novembre 2016 (archiviato dall'url originale l'8 novembre 2016).
  6. http://www.ilfattoquotidiano.it/2020/08/04/cosi-ha-spezzato-le-dita-di-paolina-borghese-ecco-il-video-che-inchioda-il-turista-austriaco-che-ha-danneggiato-la-statua-del-canova/
  7. Giorgio Cricco, Francesco Di Teodoro, Il Cricco Di Teodoro, Itinerario nell'arte, dall'età dei lumi ai giorni nostri, 3ª ed., Bologna, Zanichelli, 2012, p. 1410.

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[en] Venus Victrix (Canova)

Pauline Bonaparte as Venus Victrix ("Venus Victorious") is a semi-nude life-size reclining neo-Classical portrait sculpture by the Italian sculptor Antonio Canova. Reviving the ancient Roman artistic traditions of portrayals of mortal individuals in the guise of the gods, and of the beautiful female form reclining on a couch (as most often seen in reclining portrayals of Hermaphroditi), it was commissioned by Pauline Bonaparte's husband Camillo Borghese and executed in Rome from 1805 to 1808, after the subject's marriage into the Borghese family. It then moved to Camillo's house in Turin, then to Genoa, only arriving in its present home (the Galleria Borghese in Rome) around 1838.

[es] Venus Victrix (Canova)

Venus Victrix es una escultura de mármol de Antonio Canova, retrato mitologizado de Paulina Bonaparte como diosa Venus, concretamente en su advocación como Venus Victrix ("Venus victoriosa").
- [it] Paolina Borghese (Canova)

[ru] Венера Победительница (Канова)

Венера Победительница (также Венера Победоносная или Venus Victrix) — мраморная полуобнаженная скульптура Венеры (Афродиты) в натуральную величину, выполненная итальянским скульптором Антонио Кановой в период с 1805 по 1808 год. Моделью скульптуры была Полина Бонапарт.



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