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Il cosiddetto sarcofago di Portonaccio è un sarcofago romano rinvenuto nel 1931 in via delle Cave di Pietralata, nei pressi di Portonaccio, un quartiere di Roma, ed oggi conservato al Museo Nazionale Romano (palazzo Massimo alle Terme).[1] È alto 1,53 metri ed è databile attorno al 180 circa.[2]

Sarcofago di Portonaccio
Autoresconosciuto
Data180 d.C. circa
Materialemarmo
Dimensioni114 (alt. coperchio 36,50)[1]×239[1]×116[1] cm
UbicazioneMuseo Nazionale Romano (palazzo Massimo alle Terme; inv. 112.327)[1], Roma
Il sarcofago di Portonaccio visto sul lato destro e frontale
Il sarcofago di Portonaccio visto sul lato destro e frontale

Il sarcofago doveva essere la tomba di un generale romano impegnato nelle campagne germano-sarmatiche di Marco Aurelio degli anni 172-175 d.C.[2] ed è forse il più bell'esempio di scultura privata del II secolo[3], con influenze legate alle tendenze della Colonna aureliana.


Descrizione


La cassa è molto alta, con tutta la parte frontale coperta da altorilievi di combattimento tra Romani e barbari. La complessa battaglia è articolata in quattro piani diversi: due superiori, con cavalieri romani alla carica, uno con fanti romani e un ultimo, più in basso, con i barbari che vengono travolti. Al centro, evidenziato da linee di forza che convergono sulla sua figura, si trova il generale a cavallo in posizione di assalto, che non ha le sembianze scolpite.

A destra e a sinistra la scena è delimitata da trofei di armi, con due coppie di capi barbari prigionieri (uomo e donna). Il barbaro di destra è certamente un suebo (marcomanno, quado o forse anche dei Buri), per la tipologia della pettinatura (nodo suebo); il barbaro sulla sinistra è un altro germano o un sarmato-iazigio.[4]

Il coperchio, con due grandi acroteri raffiguranti mascheroni di barbari, è decorato da un fregio a rilievo più basso, con la Storia della vita di un personaggio (la presentazione alla madre ancora neonato; la sua educazione; il matrimonio e la clementia riservata ai barbari in un atto di deditio) la cui testa, come sulla cassa, non è lavorata (forse Aulus Iulius Pompilius Titus Vivius Laevillus Piso Berenicianus[5]):[1]

(LA)

«Aulus Iulius Pompilius Auli filius Cornelia Piso Titus Vibius Laevilius Quadratus Berenicianus Xvir stlitibus iudicandis tribunus militum legionis XII Fulminatae item XV Apollinaris quaestor urbanus adlectus inter tribunicios praetor candidatus Augustorum legatus legionis XIII Geminae item IIII Flaviae praepositus legionibus I Italicae et IIII Flaviae cum omnibus copiis auxiliorum dato iure gladii legatus Augustorum pro praetore legionis III Augustae consul designatus.»

(IT)

«Aulo Giulio Popilio Pisone Tito Vibio Levillo Quadrato Bereniciano, figlio di Aulo, della gens Cornelia, decemviro per il giudizio delle controversie, tribuno militare della legio XII Fulminata e della XV Apollinaris, questore urbano, cooptato in senato con la dignità tribunicia, pretore candidato degli Augusti (Marco Aurelio e Lucio Vero?), legatus legionis della legio XIII Gemina e della IV Flavia Felix, posto a capo della legioni I Italica e IV Falvia con tutte le relativa truppe ausiliarie, con diritto di combattere, legatus Augustorum pro praetore della legio III Augusta, candidato console.»

(Fonte: CIL VIII, 2582.)

Il volto del defunto non è lavorato, forse perché le officine, dopo aver prodotto la scultura base, attendevano l'acquirente per poterlo ritrarre. Nel caso di Pompilio Bereniciano potrebbe essere mancato il tempo per ritrarlo oppure il suo volto non era noto allo scultore. Qualche studioso moderno ritiene che l'illustrazione delle vicende biografiche del protagonista fossero state riassunte in scene valide per chiunque.[4]


Stile


Lo stesso argomento in dettaglio: Arte nell'età di Commodo e Sarcofago romano.

Fin dell'epoca Flavia e poi per tutto il II secolo d.C. fino alla dinastia degli Antonini, uno dei temi principali dell'arte romana sono le vittorie ottenute dai suoi generali sulle genti barbare, lungo i confini imperiali (limes). Si sviluppano così in questo periodo una serie di rilievi storici che celebrano le campagne militari degli imperatori sia in ambito pubblico, dagli archi di trionfo, alle colonne (come la Colonna Traiana e quella di Marco Aurelio) e templi, a privato (come i rilievi funerari o i sarcofagi).[6]

In questo sarcofago, rispetto a esempi analoghi del venticinquennio precedente (come il cosiddetto sarcofago Amendola) si nota il superamento dei modi ellenistici, con una composizione molto più frenetica e articolata, su vari registi, a differenza delle monomachie. Straordinario è il senso di movimento dell'insieme, accentuato dal chiaroscuro provocato dagli stacchi profondi, scavati dal trapano tipico anche della Colonna di Marco Aurelio.[1] Molte parti di figure emergono a tutto tondo, mentre lo sfondo è ovunque occupato, mai neutro. I volti sono espressionistici, i corpi dei vinti drammaticamente aggrovigliati, le lance e le insegne fluttuano nello spazio realisticamente, mai appiattite su un unico piano.

Il coperchio ha caratteristiche analoghe ma una perizia tecnica e inventiva senz'altro inferiore, anche se vi si possono leggere alcune caratteristiche "plebee e provinciali" quali la narrazione ininterrotta e l'innaturale trama sinuosa dei panneggi, che aumentano l'espressività a danno del naturalismo.

Come nella Colonna di Marco Aurelio, forse dello stesso artista, non vi è pietà per i vinti e per il loro valore, anzi sono raffigurati come sguaiati, disprezzabili, schiacciati dall'inesorabile superiorità romana.

Con l'arrivo del III secolo la classe senatoria romana perse ogni potere militare, per cui scomparvero le scene di battaglia dai sarcofagi, sostituite da raffigurazioni di filosofi e muse o altri soggetti.


Note


  1. Guida a Palazzo Massimo alle Terme, 1998, Elena Calandra, Sarcofago del Portonaccio, pp. 162-163.
  2. Didascalia del Museo Nazionale Romano di palazzo Massimo alle Terme posta a fianco del sarcofago, primo piano, sala XII Copia archiviata, su archeoroma.beniculturali.it. URL consultato il 10 maggio 2016 (archiviato dall'url originale il 17 maggio 2009)..
  3. Bianchi Bandinelli-Torelli, cit., Arte romana, scheda 145.
  4. Guida al Museo Nazionale Romano, 2005, Matteo Cadario, Palazzo Massimo alle Terme, p. 45.
  5. CIL VIII, 2582 = CIL VIII, 18090.
  6. Guida al Museo Nazionale Romano, 2005, Matteo Cadario, Palazzo Massimo alle Terme, p. 44.
  7. Guida a Palazzo Massimo alle Terme, 1998, Maria Sapelli, Celebrazioni storiche. Le vittorie sui barbari, pp. 160-161.

Bibliografia



Voci correlate



Altri progetti


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[es] Sarcófago de Portonaccio

El sarcófago de Portonaccio es un sarcófago romano antiguo del siglo II descubierto en 1931 en el barrio Portonaccio de Roma y ahora expuesto en el Museo Nacional Romano en la sección del (palacio Massimo).[1] De 1,53 metros de alto y datado entre el 180 y el 200, se utilizó para el entierro de un general romano involucrado en las guerras marcomanas de Marco Aurelio y muestra influencias similares a las de la columna de Marco Aurelio.[2]
- [it] Sarcofago di Portonaccio



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