La Venere Landolina è una scultura marmorea, copia romana di un originale greco della prima metà del I secolo a.C., conservata presso il Museo archeologico di Siracusa.
Venere Landolina | |
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Autore | sconosciuto |
Data | copia romana di un originale greco della prima metà del II secolo d.C. |
Materiale | marmo |
Ubicazione | Museo archeologico regionale Paolo Orsi, Siracusa |
Coordinate | 37°04′34.68″N 15°17′10.28″E |
La Venere Landolina di Siracusa venne rinvenuta in un ninfeo negli Orti Bonavia poi Giardino Spagna da Saverio Landolina Nava, nel 1804. Bernabò Brea la lodò «per l'eccellenza del modellato, lo squisito trattamento del nudo, di incredibile vivezza e morbidità».[senza fonte]
La statua, una Venus pudica, si ispira, come le altre varianti del tema, all'Afrodite cnidia di Prassitele, con particolari similitudini con la Venere capitolina e la Venere de' Medici (solo quest'ultima è un originale greco).
Del tipo landolino si conoscono varie copie, tra cui una completa della testa, ma di fattura più tarda, al Museo archeologico nazionale di Atene, che presenta un'acconciatura uguale a quella della Venere capitolina.
L'opera ritrae Venere al bagno, nella posizione pudica o, più probabilmente, una Venere Anadiomene, cioè nascente. Essa infatti si copre con la destra il seno, ruotando elegantemente la testa, e con la sinistra regge un panno calato sui fianchi (come la Venere di Milo), che si apre teatralmente gonfiato dal vento, rivelando le gambe della dea.
Evidente è la ricerca di una resa naturalistica e idealizzata del corpo femminile nudo, che all'epoca aveva messo in secondo piano i significati sacrali legati alla figura della dea nelle rappresentazioni anteriori.
Luciano di Samosata testimoniò che prima del II secolo esisteva a Siracusa un tempio dedicato alla divinità pagana.[1]
«Noi dunque,volendo vedere tutta la dea, girammo dietro il tempietto; ed apertaci la porta da una donna che ne serbava le chiavi, rimanemmo subito abbagliarti a quella bellezza. Per modo che l’ateniese che testé aveva rimirato in silenzio, come ebbe fissati gli occhi su quelle parti della dea, subito, più di Caricle impazzendo, gridò: «Oh! Che bellezza di schiena! Come quei fianchi pieni t’empirebbero le mani ad abbracciarli! Come ben si rilevano e tondeggiano le mele, non molto scarse ed attaccate all’ossa, né troppo grosse e carnose! E quelle fossette nell’una e l’altra anca sono una grazia che non si può dire; e quella coscia e quella gamba così ben tirata sino al piede, sono di eccellenti proporzioni.» |
(I dialoghi e gli epigrammi[2][3]) |
Nel 1885 Guy de Maupassant effettuò un tour della Sicilia, passando anche da Siracusa dove visitò la Venere Landolina da poco ritrovata. Nel suo Viaggio in Sicilia[4] descrive la statua con commenti entusiasmanti:
«Penetrando nel museo, la scorsi subito in fondo ad una sala, e bella proprio come l'avevo immaginata. |
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