Carlo Zocchi (Milano, 1894 – Milano, 1965) è stato un pittore italiano.
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Zocchi, autodidatta, inizia ad appassionarsi all'arte italiana del Trecento e Quattrocento, per poi passare alla pittura novecentista a seguito del 1920. Iniziò ad esporre le sue opere fin dal 1923. Partecipò per cinque volte alla Biennale di Venezia (1928, 1930, 1932, 1934 e 1950)[1], alle Quadriennali di Roma degli anni 1930 e 1940 e ad esposizioni del Museo della Permanente di Milano.
Dopo il 1940 Zocchi iniziò ad dipingere con toni cromaticamente più vivaci, subendo l'influenza dei pittori del Chiarismo milanese, mantenendo però la concezione di Mario Sironi, cupa, popolata da poche figure, malinconica. Nel dopoguerra ritrasse figure di vita contadini e ritrova la serenità nei paesaggi nel ricordo del naturalismo.
"A partire dagli anni Quaranta la pittura di Zocchi sembra procedere in due direzioni parallele: quella "realista", che porta l'artista a concentrarsi soprattutto sui temi legati al mondo del lavoro e alla quotidianità, e quella che potremmo definire "favolistica", vicina a certe soluzioni di pittori come Cesare Breveglieri o Gianfilippo Usellini" con richiami al Realismo Magico in cui "Il paesaggio si sgancia così dall'ambiente reale che lo ha originato per divenire un luogo fantastico, lo scenario di un sogno o il fondale di uno spettacolo teatrale".
Carlo Zocchi è esposto permanentemente in numerosi musei, tra cui:
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