Luigi Colombo, noto anche con lo pseudonimo di Fillìa (Revello, 3 ottobre 1904 – Torino, 10 febbraio 1936), è stato un poeta e pittore italiano.
«L'uomo ha bisogno di staccarsi dalla terra, ha bisogno di sognare, di desiderare eterna felicità, di dimenticare continuamente la realtà quotidiana» |
(Fillia[1]) |
Artista futurista poliedrico nell'affrontare diverse problematiche artistiche, prese il suo pseudonimo dal cognome materno.
Forse presagendo una breve vita si mosse in modo animato e attivo sul fronte delle avanguardie artistiche, il che lo portò ad abbracciare in tutto lo spirito futurista.
Nel 1922 fu coautore del libretto Poesia proletaria e nel 1923 costituì a Torino i Sindacati Artistici Futuristi, promotori di una rivoluzione proletaria in chiave futurista. Nel 1928 organizzò il Padiglione Futurista per l'Esposizione Internazionale di Torino.
La sua iniziale attività fu legata fortemente alla parola, sia nel teatro che nella poesia, ma sfociò anche nella pittura, con uno stile legato inizialmente all'astrazione per poi giungere a una figurazione che viene definita cosmica.
Pubblicò la rivista La terra dei vivi. Svolse anche attività critica e storica e fondò le riviste la Città Futurista nel 1929 e La Città Nuova nel 1931.
In quest'ultimo anno, curò la pubblicazione di un importante repertorio internazionale La Nuova Architettura e firmò con Marinetti il Manifesto dell'arte sacra futurista. È stata recentemente messa in evidenza una serie di suoi lavori pittorici sull'arte sacra, tema classico della tradizione italiana, rivisitato in una sperimentale chiave spirituale-meccanica futurista.
Nel 1931, sempre con Marinetti firma il Manifesto della cucina futurista ed espone alla prima Quadriennale di Roma.
Nel 1933, con Enrico Prampolini, eseguì il grande mosaico futurista Le comunicazioni all'interno della torre del Palazzo delle Poste alla Spezia.
La sua opera Senza titolo, 1923, è conservata al Museo Cantonale d'Arte di Lugano.[2]
Morì nel 1936 a Torino, città dove aveva quasi sempre vissuto ed operato, dopo una lunga malattia.
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