Marcello Venusti (Mazzo di Valtellina, 1510 – Roma, 15 ottobre 1579) è stato un pittore italiano, attivo nell'età del Rinascimento.
Detto anche "de Nosta", "de Voltulina", ebbe una primissima formazione lombarda (da Leonardo a Correggio); dopo l'alunnato nella bottega di Perino del Vaga in cui imparò i principi raffaelleschi della pittura aggiunse alla sua arte, anche per un diretto contatto con i protagonisti di questa corrente (Michelangelo e Sebastiano del Piombo), una forte e fondamentale suggestione michelangiolesca, interpretata in chiave di pietismo controriformistico (I Misteri del Rosario, Roma, Basilica di Santa Maria sopra Minerva; Pietà, Roma, Galleria Borghese). Nota anche la sua attività di devoto copista di Michelangelo, specialmente del Giudizio universale sistino, di cui la copia, commissionata dal cardinale Alessandro Farnese nel 1549, è conservata al Museo nazionale di Capodimonte di Napoli.
Tra le prime opere va ricordata la tela con S. Antonio da Padova in adorazione di Gesù all'istituto portoghese di S. Antonio a Roma, in origine pala maggiore dell'altare della chiesa di S. Antonio. L'opera è eseguita tra il 1548 e il 1549.
Michelangelo, alla fine dell'autunno 1532 o al principio dell'inverno 1533, impegnato a Roma nei lavori per la sepoltura di papa Giulio II, conobbe il giovane patrizio romano Tommaso de' Cavalieri con il quale cominciò un rapporto d'amicizia che durerà fino alla morte del grande artista. Al Cavalieri Michelangelo donò subito due disegni, con ogni probabilità La Punizione di Tizio e Il Ratto di Ganimede. Nei mesi successivi inviò a Tommaso altri fogli di soggetto mitologico o allegorico, caratterizzati da una grande eleganza e cura formale. Dallo scambio di lettere che intercorse fra i due appare chiara la forte emozione che suscitò nell'artista la conoscenza di Tommaso, tra i due intercorse infatti uno "sregolato sentimento omosessuale", secondo una celebre frase di Freud. Dal 1548, Tommaso de' Cavalieri fu nominato deputato della fabbrica del Campidoglio. Al Cavalieri Michelangelo dedicherà alcune delle sue rime amorose, che insieme a quelle dedicate a Febo Dal Poggio, Gherardo Perini, Cecchino Bracci, hanno una forza e un'esplicita carica erotica tale che convinsero il nipote, Michelangelo Buonarroti il giovane, a trasformare in fanciulle tutti i fanciulli prima di pubblicare le poesie del prozio.
Tommaso de' Cavalieri girerà quindi gli ambitissimi disegni dell'amato maestro al Venusti, per ottenerne dei dipinti come L'Annunciazione della Sacrestia Vecchia nella Basilica di San Giovanni in Laterano, databile 1550-1555, e La Resurrezione di Cristo alla Pinacoteca Civica di Forlì. In questi lavori il Venusti spoglia gli eccessi fisici dei disegni di Michelangelo, mantenendone però la forte innovazione in senso manieristico nelle torsioni e nei movimenti a spirale dei personaggi. In queste opere fra le più note vi è la Crocefissione, su disegno del maestro Michelangelo il quale donò questa tavola al suo servitore prediletto Francesco Amadori, passata in proprietà di collezionisti illustri dai Duchi di Urbino, a quelli di Ferrara, degli Aldobrandini, ai Della Rovere, ai Principi Borghese, ai Principi Colonna, ai Bonaparte, ed alla Famiglia Reale dei Borbone.[1]
Federico Zeri vedrà nelle opere del Venusti:
«il sottile poema della solitudine, il sapore della privatissima intimità, d'isolamento persino lancinante.» |
Della fine degli anni cinquanta sono due versioni della Sacra Famiglia, una alla Galleria Borghese, una inviata al Santuario della Madonna delle Grazie di Grosotto. Nelle due opere sono ripresi moduli raffaelleschi; la seconda sarà a sua volta il modello per un affresco di Cipriano Valorsa, dipinto sulla facciata di casa Valorsa a Grosio. L'opera più nota e importante della produzione venustiana, considerata il manifesto dell'arte sacra della Controriforma, è San Bernardo di Chiaravalle che conculca il demonio (Pinacoteca Vaticana), realizzata nell'anno di chiusura del Concilio di Trento, il 1563. La chiesa romana che conserva in numero maggiore sue opere è Santa Maria sopra Minerva: dal San Giacomo del 1570 alla Madonna con Bambino fra i Santi Pietro e Paolo nel Palazzo dei Conservatori, alla decorazione della Cappella Capranica tra il 1573 e il 1579, al Noli me tangere eseguito dal maestro poco prima della morte.
Nel XIX secolo e fino alla seconda metà del Novecento la sua figura venne accantonata, Venusti era visto come un semplice affiliato al Manierismo, un imitatore di Michelangelo. L'artista fu ampiamente riabilitato da Federico Zeri; e solo negli ultimi anni è stato studiato in modo più approfondito, inserendolo in un ambito storico e critico scevro da giudizi preconcetti. Claudio Strinati l'ha definito sacerdote laico della pittura accentuandone il legame con la Controriforma, per cui la sua opera divenne paradigma di arte devozionale.
Giorgio Vasari nell'edizione Giuntina delle sue Vite, lo farà nascere a Mantova, così come il Coddé.[2] Dal XVIII è invece indicata la sua origine comasca, dove per "comasca" non si intese mai Como (come la critica posteriore invece lesse erroneamente), ma una località indefinita appartenente alla diocesi comasca. Fu il Quadrio per primo, nelle sue Dissertazioni[3], nel 1756, a ipotizzare l'origine valtellinese dell'artista. Nel 1958 Ugo Cavallari, stilando una genealogia della famiglia Venosta, ritrovò nell'archivio del Palazzo Visconti Venosta di Grosio un documento secentesco in cui Marcello pittore a Roma è definito originario di Mazzo in Valtellina[4]. Se Cavallari pone la parola fine sulle dispute intorno all'origine del pittore, la data e il luogo di nascita riportati nella maggior parte dei saggi sono ancora Como e 1512, mentre da un documento del 1560 (data del suo secondo matrimonio) si evince che il Venusti aveva compiuto 50 anni in quell'anno[5]; la data di nascita esatta deve quindi essere 1510.
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