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Leonor Fini (Buenos Aires, 30 agosto 1907 – Parigi, 18 gennaio 1996) è stata una pittrice, scenografa, costumista, scrittrice, illustratrice e disegnatrice italiana.

Leonor Fini
Leonor Fini

Il suo legame con il teatro, i suoi romanzi surrealisti, la sua passione per il disegno e la fotografia, i suoi tanti amori, il suo essere libera e dissacratoria ma anche il suo originale concetto di fedeltà e il suo amore per la vita, da sempre così legata alla madre e così spaventata dalla solitudine, tracciano alfine lo specchio di una personalità d'artista unica che valica i confini della pittura per collocarsi di diritto tra i grandi del Novecento.


Biografia



Un talento precoce


Leonor Fini nacque da padre argentino di origini beneventane e madre triestina di origini tedesche. In seguito alla separazione, madre e figlia rientrarono a Trieste nel 1909 ospiti dello zio Ernesto Braun. La bambina, soprannominata Lolò, fu al centro di una strenua lotta tra i genitori, e il padre, pur di ricondurla a sé e di portarla in Argentina, tentò in tutti i modi di riprendersela, sino a giungere a un tentativo di rapimento[1]. La madre, Malvina Braun, occultò la bambina adottando la tecnica del travestimento: Leonor Fini in futuro adotterà spesso, anch'essa, questo stratagemma per scandalizzare gli abitanti dei paesini del Carso sloveno o per divertire amici e colleghi.[1] Cresciuta nell'atmosfera della Trieste del Ventennio, ove si contavano numerose le figure di letterati di livello internazionale (Svevo, Saba, Bazlen) e di artisti, la Fini fu sostanzialmente una pittrice autodidatta che frequentò assiduamente gli atelier dei pittori più noti di quegli anni. Strinse una solida amicizia con Arturo Nathan e con Carlo Sbisà, ma il pittore che più si avvicinò al ruolo di maestro fu Edmondo Passauro, ritrattista e pittore di figura che segnò la pittura finiana almeno sino al suo passaggio parigino.


Vocazione e cosmopolitismo


Gli anni triestini sono dominati proprio da questo forte debito nei confronti dei protagonisti della pittura locale, da cui si affrancò dopo aver conosciuto il suo mentore milanese Achille Funi. Dopo essersi legata sentimentalmente al pittore di origini ferraresi, la giovane Leonor lascerà Trieste per trasferirsi a Milano, dove entrerà in contatto con l'ambiente artistico meneghino e dove lascerà testimonianza di sé nel mosaico rappresentante La cavalcata delle Amazzoni nel Palazzo della Triennale realizzato a quattro mani con lo stesso Achille Funi. Alla soglia degli anni trenta Leonor Fini decise di varcare le Alpi per trasferirsi a Parigi, città che diverrà, seppur tra continui viaggi e tappe intermedie, la sua patria adottiva. Qui, entrata in contatto, a partire dal 1936, con i massimi esponenti della pittura e della letteratura surrealista (senza tuttavia unirsi ufficialmente al movimento),[2] da André Breton a Salvador Dalí, da Paul Éluard a Max Ernst, conobbe anche il fotografo Henri Cartier-Bresson che la presentò al suo amore dei primi anni parigini: André Pieyre de Mandiargues, che sarà il protagonista maschile di tanti suoi ritratti legati alla prima metà degli anni trenta. Con Max Ernst, che la definì "la furia italiana a Parigi" intraprese un viaggio a New York, ove i due esposero presso la Galleria Levy e dove venne introdotta nell'ambiente del Moma allora diretto dal mitico Alfred Barr.

Archiviata la storia d'amore con de Mandiargues, che a breve sposerà la nipote del pittore Filippo de Pisis, la pittrice triestina si legò in matrimonio con Federico Veneziani per poi separarsi a breve nel 1941. In uno dei suoi viaggi nel Principato di Monaco, durante una prima teatrale conobbe il console Stanislao Lepri che, innamoratosi dell'artista, decise di lasciare la sua professione per dedicarsi anch'egli alla pittura. Nel 1951 coppia si trasformò in un trio dopo l'incontro con l'intellettuale polacco Konstanty Jeleński e il ménage à trois si interruppe solo nel 1980, dopo trentasette anni di convivenza, a causa la morte di Lepri.


Uno stile personalissimo


I tardi anni trenta e gli anni quaranta sono costellati da una cavalcata di dipinti di stampo surrealista (dal famosissimo Le bout du monde alla Pastorella delle sfingi, acquistato da Peggy Guggenheim e chiara testimonianza dell'amore della pittrice per la duplicità, l'ibrido, il doppio, spesso resi tramite sfingi o apparizioni)[2] sino ad arrivare a citazioni colte di pittori del Quattro e del Cinquecento italiano (per esempio L'alcove del 1942, chiaro rimando alla Danae di Tiziano Vecellio, o La Grande Racine del 1948 ispirata alle composizioni del pittore milanese Arcimboldo).

Leonor Fini insieme a Enrico Colombotto Rosso che finge di imitarla nel dipinto di un gatto
Leonor Fini insieme a Enrico Colombotto Rosso che finge di imitarla nel dipinto di un gatto

In seguito allo scoppio del secondo conflitto mondiale, ritiratasi brevemente nel Nord della Francia ospite di Salvador Dalí, decise di lasciare Parigi per rientrare in Italia, e a Roma si legò d'intensa amicizia con il pittore Fabrizio Clerici che frequentò assiduamente per tutta la vita. Qui a Roma fu quindi la protagonista della ritrattistica ufficiale del bel mondo capitolino. Alternò a questo momento cittadino, lunghi soggiorni estivi passati presso la torre di Anzio, un'antica torre di avvistamento sul lungomare laziale che lei e Fabrizio Clerici affittavano di anno in anno oppure presso il monastero abbandonato di Nonza, in Corsica. Qui, tra ispirazioni quattrocentesche, su tutti Piero della Francesca, riuniva i suoi amici più intimi basati sul travestimento, sulla fotografia, sulla pittura e sul disegno. Tra i suoi ospiti Brigitte Bardot e Dorothea Tanning, moglie dell'amico Max Ernst e naturalmente Fabrizio Clerici che, insieme a Stanislao e Kot, Leonor considerava suo fratello. Di questo rapporto con Fabrizio Clerici ne sono testimonianza oltre mille lettere di Leonor a Fabrizio. Uno dei pochi video nei quali Leonor Fini dipinge è quello che la riprende intenta ad eseguire il Ritratto di Fabrizio Clerici nel 1952 presso uno studio dove i due per alcune stagioni lavorarono, in una torre sul Litorale romano. Di questo periodo di lavoro di Leonor Fini e Fabrizio Clerici nella torre a Tor San Lorenzo ne parlò spesso Eros Renzetti, considerato loro allievo.

Dopo gli anni romani, in cui spiccano i ritratti di Alida Valli a seno scoperto, di Valentina Cortese, dell'amica Anna Magnani e di Margot Fonteyn, la pittrice si piegò ad uno stile diverso, ispirato dalle cosiddette "figure minerali", in cerca di una modernità che doveva sempre forzatamente passare attraverso il suo spiccato carattere figurativo senza dimenticare alcune tappe isolate ma peculiari come il notevole L'Amicizia (1958) o Le Bagnanti (1959). Tra ispirazioni preraffaellite e momenti di recupero floreale, gli anni sessanta e settanta sono dominati da un grande fecondità che però non sempre corrispose ad una omogeneità di tratti e di scelte. Nel 1969 le è stato conferito il premio San Giusto d'Oro dai cronisti del Friuli Venezia Giulia.


Una maturità inquieta


Verso la fine degli anni settanta, l'artista si fa maggiormente introspettiva, le sue scelte si spostarono verso tematiche nordiche ispirate anche dal pittore svizzero Heinrich Füssli e dal inglese William Blake: sono gli anni della cosiddetta Kinderstube, ovvero la "Camera dei ricordi", ove figure femminili sospese tra la sfinge e la bambola sono circondate da esseri inquietanti e asessuati. Il rimando all'eros è sempre più evidente, le figure danzano su uno sfondo scuro opprimente e le composizioni sembrano uscire da un allestimento teatrale per un'opera di Ibsen. Dal 1992 la pittrice si ritira in una fattoria di campagna a Saint-Dyé-sur-Loire.

Morirà il 18 gennaio 1996 a Parigi e sceglierà di essere sepolta nel cimitero del paese sulle sponde della Loira: come ultimi compagni di viaggio vorrà i due uomini della sua vita, Kot e Stanislao, riuniti in un abbraccio nel piccolo mausoleo a tre che svetta nel camposanto della campagna francese.

Nel 2009, l'Italia le ha dedicato una grande retrospettiva a Trieste Leonor Fini l'italienne di Parigi[3]; una sezione della mostra è dedicata ai suoi amici artisti, come Fabrizio Clerici, Pavel Čeliščev, Jan Lebenstein, Michèle Henricot, Dorothea Tanning, Eros Renzetti.


Bibliografia



Voci correlate



Note


  1. Intervista del 2 luglio 1994 registrata a Parigi presso la casa dell'artista e di proprietà Archivi Rai
  2. Nancy G. Heller, Women Artists: An Illustrated History, New York, Abbeville Press, 1987. ISBN 0-89659-748-2
  3. Museo Revoltella - Le esposizioni, su museorevoltella.it. URL consultato il 12 aprile 2019 (archiviato dall'url originale il 10 luglio 2009).

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Collegamenti esterni


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[de] Leonor Fini

Leonor Fini (* 30. August 1907 in Buenos Aires; † 18. Januar 1996 in Paris) war eine italienische surrealistische Malerin.[1]

[en] Leonor Fini

Leonor Fini (30 August 1907 – 18 January 1996) was an Argentinian born Italian surrealist painter, designer, illustrator, and author, known for her depictions of powerful and erotic women.[1]

[es] Leonor Fini

Leonor Fini[1] (Buenos Aires, Argentina, 30 de agosto de 1907[2]-París, Francia, 18 de enero de 1996[3]) fue una artista y pintora surrealista argentina.[4][5]

[fr] Leonor Fini

Leonor Fini, pseudonyme d’Eleonor Fini, née à Buenos Aires (Argentine) le 30 août 1908 (ou 1907 pour quelques sources) et morte à Aubervilliers le 18 janvier 1996, est une artiste peintre surréaliste, graveuse, lithographe, décoratrice de théâtre et écrivaine française d'origine italienne.
- [it] Leonor Fini

[ru] Фини, Леонор

Леонор Фини (фр. Leonor Fini; 30 августа 1908 (1908-08-30), Буэнос-Айрес — 18 января 1996, Париж) — аргентинская художница-сюрреалист, дизайнер, иллюстратор и автор, известная своими изображениями влиятельных и эротичных женщин[11].



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